C’è poco da scherzare perché il quadro che emerge dall’inchiesta della Procura di Venezia è inquietante. I magistrati hanno raccolto una enorme quantità di prove per dimostrare l’esistenza di un diffuso (e vergognoso) "sistema illecito", collaudato da anni: politici di massimo livello e vertici del Magistrato alle acque al soldo del Consorzio Venezia Nuova; un generale della Finanza pronto a dare informazioni sullo stato delle indagini; un magistrato della Corte dei conti accusato, per soldi, di aver accelerato la sigla sulle convenzioni del Mose per far liquidare al più presto i finanziamenti; imprenditori pronti a tutto pur di continuare a lavorare in posizioni di privilegio; funzionari pubblici appiattiti sul sistema. Accuse che dovranno passare al vaglio del Tribunale, ma il racconto di chi pagava, Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita, confermato da numerose altre confessioni e mesi di intercettazioni, indagini bancarie, riscontri di tutti i tipi, tratteggia scenari preoccupanti: per decenni tutto ha funzionato solo grazie a "mazzette" o contributi elargiti a destra come a sinistra, per tenere tutti "buoni".
Ma c’è poco da sorridere anche perché non è mai piacevole quando si è costretti a privare la libertà personale di qualcuno, seppure accusato di gravi reati. Invece in questi giorni, assieme ad una giusta indignazione, si assiste ad mal celata soddisfazione nel vedere i potenti finire in manette: la "Retata Storica" si sta trasformando in un irripetibile momento di catarsi; in un’occasione di purificazione in cui bruciare la "vecchia" (e cattiva) politica ed imprenditoria per scaricare su di lei tutte le colpe e nefandezze, e superare meglio il brutto momento di crisi e distrarre i cittadini dalle nuove tasse e dai sempre più pesanti sacrifici.
Tra chi cavalca quest’onda compaiono anche molti di coloro i quali, fino a pochi mesi, fa erano pronti ad omaggiare gli stessi potenti oggi finiti in carcere, offrendo i propri servigi pur di far carriera e ottenere un incarico ben retribuito, una prebenda o almeno un invito a cena nei salotti che contano. Imprenditori, professionisti, amministratori ed esponenti politici. Ma anche qualche giornalista che, invece di occuparsi di inchieste e approfondimenti, preferiva fare da grancassa alle dichiarazioni del "doge" Galan o ai comunicati di Mazzacurati. Oggi sono tutti saltati sul carro degli onesti e dei moralizzatori, così come accadde con la Tangentopoli degli anni Novanta. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire. Ma se tutti avessero fatto almeno un po’ il proprio dovere - chi dicendo no alle offerte di denaro; chi svolgendo il proprio ruolo di controllore; chi facendo l’imprenditore capace di mettersi in gioco sul mercato, grazie alle proprie capacità, e non attraverso le mazzette; chi denunciando il malaffare - probabilmente il "sistema illecito" targato CVN non sarebbe durato più di vent’anni. Invece la cosiddetta società civile ha messo in mostra la sua incapacità per l’ennesima volta: l’intervento spetta sempre alla magistratura, ora ai massimi della popolarità. Ma tra un po’, seguendo il solito copione, non appena passata l’ondata purificatrice, i magistrati saranno nuovamente contestati con l’accusa di intromettersi troppo nella vita politica...
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