Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Mai perdere la testa: Ethan Coen delude
Stessa spiaggia, stesso mare, stesso Virzì

Venerdì 8 Marzo 2024

Ultimamente separati, ma si sta rumoreggiando da tempo di una prossima reunion, i fratelli Coen hanno intrapreso strade diverse. Joel si è dedicato, un po’ troppo ambiziosamente visto il risultato, a Shakespeare e al suo “Macbeth”; Ethan è rimasto un po’ sulle proprie corde, prima inciampando con un documentario musicale “Jerry Lee Lewis: trouble in mind”, passato senza entusiasmo a Cannes 2022, ora scivolando quasi rovinosamente sulla faticosa combinazione gangster movie-commedia sexy lesbo, digressione già cara ai fratelloni del Minnesota, seppure non in forma così rattoppata. Qui siamo agli scarti di idee che provengono da molto loro cinema, dalla trovata della testa mozzata di “Seven” e dalla valigetta pericolosa di “Un bacio e una pistola” (con tanto di citazione verbale precisa) e che ovviamente si rivela essere tutt’altro. Certo questo “Drive-Away dolls” un grande pregio ce l’ha: dura poco più di un’ora e un quarto, appunto appena un giochino. E viene distribuito solo in versione originale sottotitolata, che è un segnale che si può leggere in modi diametralmente opposti. E dire che non parte nemmeno male. In un vicolo di Filadelfia, all’uscita di un bar, si consuma un efferato omicidio, che sembra stare tra i loro lampi più splatter: al morto viene infatti segata la testa. Quest’ultima posta in una cappelliera finisce, assieme a una valigetta misteriosa, nel bagagliaio di un’auto a noleggio, che per sventura viene affidata a due ragazze in fuga. Una ha appena rotto con la sua ragazza, che fa la poliziotta, dopo essere stata colta in flagrante tradimento; l’altra è un’amica del cuore, che ancora non libera il suo desiderio sessuale. Questa specie di viaggio on the road alla Thelma & Louise (altro evidente riferimento), con puntuali soste nei lesbo-bar delle varie zone raggiunte, s’intreccia nell’economia fasulla della caccia alle due ragazze da parte della sgangherata banda di criminali che vuole ritornare in possesso dei bagagli inconsapevolmente sottratti. Si resta perfino increduli per come Ethan Coen, scrivendo assieme alla compagna Tricia Cooke, che cura anche il montaggio, si intestardisca con la materia grassa di una commedia erotica, con sottolineature anche grevi, dove i toys sessuali prendono un posto di rilievo, cercando la nota più ludica e burlesca, anche sul versante più criminoso della vicenda, con una comicità che, oltre ad apparire inevitabilmente stanca, non diverte. Si salvano alcuni frammenti che fanno ritrovare lo sberleffo (di nuovo la testa nel finale, rincorsa dal cane) e l’immediatezza, anche a sorpresa, dei momenti più delittuosi (si vede la resa dei conti improvvisa della banda). Ma tutto resta aggrappato a un fragile divertissement, dove appare anche sprecato il cameo di Matt Damon. Diventa quindi necessario ritrovare al più presto i due fratelli di nuovo al lavoro insieme, come accadde fino a “La ballata di Buster Scruggs”, che già mostrava crepe sul loro talento. Sperando che la pausa abbia rigenerato lo spirito giusto. Voto: 4,5.

STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE - Sembra che dopo quasi 30 anni, tornando a Ventotene in quel chiasso corale ferragostano che era la contrapposizione tra i Molino e i Mazzalupi, diversi come estrazione sociale, culturale e politica, per Virzì l’Italia non sia poi cambiata molto. E nemmeno il suo cinema. Un po’ peggiorati sicuramente entrambi, specie in quella rappresentazione che si vorrebbe icastica in personaggi estremizzati nei loro modi e pensieri, ma è sempre, e ora ancora di più, macchiettistica. L’erede (un tempo) di Monicelli e Risi non graffia più, con "Un altro ferragosto" si limita al carosello piacione e superficiale di una società solo aggiornata alle idiozie odierne, vissute in una vacanza tra chi ha nostalgia di un passato “impegnato” e perdente, e chi manifesta da sempre un’orgogliosa grettezza per emergere e farsi notare.  Voto: 5.

LA MENTE VA - Di “Memory” di Michel Franco, regista spesso cinico verso i propri personaggi, sorprende per come il regista messicano riesca a raccontare una storia d’amore fragile e discontinua, con una sensibilità inconsueta, quasi sentimentale. Tra Sylvia, giovane mamma, ex alcolista, in conflitto con la propria genitrice, e Saul, che non ha memoria breve, compie gesti che non capisce e forse in passato ha molestato la donna, nasce una relazione, non alimentata dai parenti. Jessica Chastain e Peter Sarsgaard (premiato a Venezia) danno vita a un duetto di emarginati che vogliono trovare un posto sincero in famiglia e nella società, sulle note di “A whiter shade of pale”.  Voto: 6,5.

AMORE SENZA ETÀ - Anne (una brava Léa Drucker) è una brillante avvocatessa, che difende soprattutto ragazze vittime di soprusi. Vive con il marito Pierre e due bambine, alle quali si aggiunge presto l’adolescente Pierre, nato dal primo matrimonio del marito. Pierre è un ragazzo sfrontato, ribelle e attraente. Anne ne subisce presto il fascino, che fa precipitare la situazione.Con "Ancora un'estate" Breillat mantiene intatta la sua vena provocatoria, ma ormai i colpi girano piuttosto a vuoto. E anche se qui torna in ballo la borghesia che accetta tutto pur di salvare se stessa (si veda la scena finale), il rapporto tra madre adottiva e adolescente, stimolato da scene di sesso che un tempo la Breillat avrebbe reso meno pudiche, sembra assecondare soprattutto il desiderio ossessivo della regista a mantenere il suo status scandaloso, non aiutato da una sceneggiatura poco brillante, facendo quasi rimpiangere certi lavori di Larry Clark, che almeno non indietreggiava davanti all’audacia dei corpi. Voto: 5.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA