Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Donne allo specchio: Haynes affascina
Debole Another end, l'ambiguità del corpo

Venerdì 22 Marzo 2024

Ci sono alcune sequenze in cui Gracie (Julianne Moore) e Elizabeth (Natalie Portman) sono inquadrate una accanto all’altra: si guardano, chiacchierano, si truccano. In un film, che al di là delle apparenze soffici e investigative, si pone, certo non per la prima volta, lo scandaglio di come realtà e rappresentazione dialoghino senza trovare un soddisfacente compimento (quanti specchi presenti…), questi sono i momenti più significativi, secondi solo al finale, nel quale ogni tentativo del biopic fizionale, sempre più ripetitivo, di copiare in modo esaustivo la realtà, si rivela inevitabilmente fallimentare. “May december” mostra nuovamente come la morbida regia di Todd Haynes (tra gli altri, “Lontano dal paradiso”, “Carol”) trasudi in realtà tormenti esistenziali tutt’altro che banali e grovigli di esistenze travagliate. Qui Gracie è una donna comune che ha una storia personale per niente convenzionale. Anni prima, donna già matura e sposata, aveva avuto una relazione, puntualmente scandalosa per la società, con un tredicenne, finendo in prigione. Gracie, che poi quel ragazzo Joe Yoo (Charles Melton) sposò e dal quale ebbe anche due gemelli, oggi è oggetto di attenzione per la realizzazione di una fiction, interpretata sullo schermo appunto da Elizabeth, giunta a Savannah in Georgia, per trascorrere del tempo in quella famiglia e capire come interpretare la quotidianità e i sentimenti di quella donna così impavida, che tra l’altro per quella relazione ruppe il matrimonio precedente, figlio compreso. Ispirato a una storia vera, “May december”, che indica una distanza di tempo non immediata, come i protagonisti di quella vicenda che tanto chiacchierare fece, è un film non sempre facile da catturare, così sfuggente in quella sofisticata messa in scena, dove il rapporto tra le due donne (la sodale Moore e Portman, davvero notevoli) si trasforma in un sottile e sempre più infastidito confronto in punta di fioretto. Accade quindi che l’intromissione nella vita altrui diventi un’urgenza per entrambe, specie quando Gracie avverte il tentativo di Elizabeth di andare oltre la mera indagine, spostando la conoscenza più direttamente con chi fa parte della sua famiglia e si trova ad avere un’età più simile, mostrando come le crepe di quel matrimonio, assai chiacchierato, stiano per diventare più evidenti. Non è un film facile da catturare, ma quel “doppio” che prende sempre più forma possiede un fascino narrativo non trascurabile, dove Haynes sa addentrarsi nella psicologia complessa delle protagoniste. Così si finisce per demolire pian piano il loro reciproco rispetto, fino a minare l’autenticità di tutta l’operazione di ricalco finzionale, sempre più menzognero, come avverte alla fine la stessa Gracie, nella sua teatralità ormai lampante. E in quelle pieghe impercettibili, il film lascia una sensazione di rilevante ambiguità. Voto: 7.

IL CORPO DEGLI ALTRI -  L’elaborazione del lutto resta uno degli scogli esistenziali più faticosamente superarli. La morte, per di più improvvisa, di una persona cara lascia un vuoto immenso. Sal (Bernal) ha perso la moglie in un incidente stradale. La sorella Ebe (Bejo) lavora a un progetto di “sostituzione” corporea: in pratica i ricordi di chi non c’è più vengono innescati in un altro corpo temporaneamente, per vivere ancora un attimo la presenza. Al suo secondo film, Messina conferma di privilegiare questo tema, ma purtroppo il desiderio autoriale ha sempre il sopravvento sul racconto. Un cinema di fantasmi, di ambiguità dei corpi, tra fantasy e dolore, ben lontano dall’impatto, per dire, degli “Estranei” di Haigh. Temi e ambientazioni non comuni nel cinema italiano, ma ormai approfonditi altrove altrove. E il colpo di scena finale è un “another end” che cerca l’effetto. Voto: 5.

 

 

Ultimo aggiornamento: 18:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA