Sappiamo tutti dov’era seduto Giuda poco prima di tradire Gesù e conosciamo i posti occupati dall’altro Giuda (Taddeo), da Giacomo, Pietro e da tutti gli apostoli.
E cosa bevvero? Anche birra a voler dar ragione a David LaChapelle, fotografo pop (anche barocco, grottesco e molto altro). Il Gesù della sua Last Supper (2003)– in foto in occasione della mostra “David LaChapelle. I Believe in Miracles” al Mudec di Milano – ascolta e comprende gli emarginati che vivono nello squallore e nell’indifferenza delle grandi metropoli e che si nutrono di “junk food”, il cibo spazzatura presente sulla tavola: pesanti hot dog, patatine fritte super unte, birre di infima qualità. Cristo davanti a sé, come a valorizzare i cibi sani e naturali, ha solo una bottiglia di vino, un grappolo d’uva e un’arancia. L’operazione di LaChapelle non è diversa da quella compiuta da Leonardo, Tintoretto, Iacopo Bassano e dagli altri che hanno raffigurato quel Cenacolo sul Monte Sion. Ognuno ha “cucinato” secondo l’uso alla sua epoca. Per esempio, nel capolavoro di da Vinci in Santa Maria delle Grazie a Milano è ben riconoscibile un’anguilla in tranci, cibo popolarissimo nell’Italia del Rinascimento, ingrediente principale di tantissime ricette. Nel piatto dinanzi a Cristo appare anche il melograno, simbolo di resurrezione. «Perché il cibo – spiega la storica dell’arte Mariella Carrossino nel suo Mangiare con gli occhi (Sagep Editori) – diventa linguaggio altamente simbolico e l’anguilla, considerata un misto fra pesce e serpente, segno di vitalità e forza creativa, preannuncia una grande trasformazione spirituale». Comunque, certezze non ce ne sono perché nei Vangeli mancano dettagli. Tradizione rimanda alla presenza di pane e vino, cioè il corpo e il sangue di Cristo nell’Eucaristia.
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