Papa Francesco critica le guerre, quella in Ucraina e quella a Gaza. E lancia un messaggio a Kiev in un'intervista con la Radiotelevisione svizzera che andrà in onda il 20 marzo ma di cui è uscita un'anticipazione: «È più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare.
Alla domanda se lui stesso si sia proposto per negoziare negli attuali conflitti, il Papa risponde: «Io sono qui, punto. Ho inviato una lettera agli ebrei di Israele, per riflettere su questa situazione. Il negoziato non è mai una resa. È il coraggio per non portare il paese al suicidio. Gli ucraini, con la storia che hanno, poveretti, gli ucraini al tempo di Stalin quanto hanno sofferto....». Il Papa ripropone poi la sua filosofia sull'origine delle guerre: «Dietro c'è sempre l'industria delle armi. È un peccato collettivo questo - afferma Bergoglio -. Mi diceva l'economo, un mese fa, mi dava il rendiconto di come stavano le cose in Vaticano, sempre in deficit, lei sa dove oggi ci sono gli investimenti che danno più reddito? La fabbrica delle armi. Tu guadagni per uccidere. Più reddito: la fabbrica delle armi. Terribile la guerra».
«Io questo lo dico sempre - aggiunge -. Quando sono stato nel 2014 al Redipuglia ho pianto. Poi lo stesso mi è successo ad Anzio, poi tutti i 2 novembre vado a celebrare in un cimitero. L'ultima volta sono andato al cimitero britannico e guardavo l'età dei ragazzi. Questo l'ho detto già, ma lo ripeto: quando c'è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia, tutti i capi di governo hanno celebrato quella data ma nessuno ha detto che su quella spiaggia sono rimasti ben 20mila ragazzi».
Bergoglio: a Gaza la guerra di due irresponsabili
«Tutti i giorni alle sette del pomeriggio chiamo la parrocchia di Gaza - dice Francesco -. Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra. E la guerra la fanno due, non uno. Gli irresponsabili sono questi due che fanno la guerra. Poi non c'è solo la guerra militare, c'è la "guerra-guerrigliera", diciamo così, di Hamas, un movimento che non è un esercito. È una brutta cosa». Alla domanda se però non si debba perdere la speranza di provare a mediare, risponde: «Guardiamo la storia, le guerre che abbiamo vissuto, tutte finiscono con l'accordo».