Nella lotta ai tumori la radioterapia è un po' come puntare il mirino di un fucile sulle cellule cancerose.
«Per molti tumori la radioterapia costituisce una valida alternativa all'intervento chirurgico e per altri ancora rappresenta l'unica possibilità di cura spiega Cinzia Iotti, direttore della Radioterapia oncologica dell'Ausl-Irccs di Reggio Emilia e presidente eletto dell'Airo, l'Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica - La radioterapia è una disciplina in continua evoluzione. Direi straordinaria, evoluzione. Il suo impiego, da sola o in associazione con altre terapie, sta guadagnando settori sempre più ampi, anche nel paziente metastatico a cui un tempo si somministravano solo trattamenti puramente palliativi e che oggi può invece contare su approcci terapeutici molto più ambiziosi, mirati a migliorare la sua attesa di vita».
Le cellule - Quattro malati oncologici su dieci sono stati curati così, almeno per un ciclo. Proprio l'Airo ha fatto i conti di quanti pazienti sono passati, nel solo 2020, nei 104 centri italiani. I numeri raggiunti potrebbero riempire una media città. Sono stati, infatti, quasi 100.000: 47.044 al Nord, 34.686 al Centro e 18.014 nel Mezzogiorno. Tra loro, in 15.000 l'hanno usata per sferrare l'agguato finale ed eliminare completamente il tumore: circa la metà (il 48%) per le forme della prostata, il 21% per quelli alla testa e al collo, il 9% per il tumore della cervice uterina e il 22% per la forma non a piccole cellule che colpisce il polmone. Non tutti i raggi anti-cancro, quindi, si sono spenti durante la pandemia.
«La radioterapia, ci dicono i dati, ha saputo affrontare le criticità e ha quasi sempre risposto alla domanda dei pazienti oncologici commenta Vittorio Donato, presidente di Airo, capo dipartimento di Oncologia e direttore della divisione di Radioterapia dell'azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma - Non ci sono state, ad esempio, battute d'arresto per i tumori testa-collo che sono considerati malattie rare e per il tumore della prostata che è stata la neoplasia più trattata dai radioterapisti con intento curativo».
I primi raggi X per curare il cancro vennero usati dal medico americano Emil Grubbe. Era il 1896 e da allora la strada ne è stata fatta tanta. Oggi si usa un approccio integrato, con più professionalità che trattano uno stesso caso (oncologi, altri specialisti, fisici, ingegneri), e con la ricerca e nuovi macchinari che hanno permesso di ridurre i cicli.
Le sedute - Si va meno in ospedale e a guadagnarci è anche la qualità della vita. Si è passati da 30-40 sedute tra le 6 e le 8 settimane a 20 sedute in un mese fino alle cure lampo, da 1 a 5. Gli effetti si vedono anche quando si fa il mix e alla radio si aggiunge la chemioterapia. Secondo l'indagine i centri che in Italia sono in grado di somministrarle tutte e due sono solo il 40%. Principalmente si tratta di strutture universitarie e grandi realtà ospedaliere.
«Oltre il 56% dei tumori testa-collo vengono trattati in concomitanza con la chemioterapia, che vuol dire che il trattamento multimodale è vincente e porta a risultati ottimali anche se di difficile gestione commenta Marcello Mignogna, direttore della Radioterapia oncologica dell'ospedale San Luca di Lucca e consigliere nazionale di Airo La tecnica maggiormente usata è l'intensità modulata, quella modalità che consente di disegnare con estrema precisione la distribuzione della dose agli organi interessati dalla malattia e agli organi a rischio». L'obiettivo è quello di risparmiare quanto più possibili gli organi nobili che non sono coinvolti dalla malattia e che devono continuare a funzionare nella maniera corretta.
Le dosi - Proprio il mirino che con perfezione millimetrica colpisce le cellule cancerose è al centro di diversi successi contro il tumore alla prostata, che rappresenta circa il 20% delle forme di cancro dell'uomo. Il 94% dei casi viene trattato con macchine di radioterapia che erogano fasci a intensità modulata, una tecnica che consente di somministrare la dose di raggi in modo efficace e puntuale.