Sebbene riferendoci al Covid-19 parliamo di una patologia primaria respiratoria, è oramai ben noto che il Sars-CoV-2 aggredisce anche altri organi e che l'epidemia ha impatti più ampi di quanto pensiamo.
Un fenomeno oramai noto è rappresentato dal cosiddetto Long-Covid, in cui alcuni sintomi neurologici legati all'infezione persistono dopo la guarigione dei sintomi respiratori. Tra questi i più importanti sono le cefalee, i disturbi della memoria, l'apatia, la fatica mentale e fisica, la depressione e i pensieri ossessivi. Quando ciò succede è consigliabile rivolgersi ad un neurologo.
Il virus può essere responsabile anche di disturbi sociali legati al lungo periodo di isolamento e al cambiamento drastico del nostro modo di vivere. Anche se il periodo che oramai da quasi due anni stiamo vivendo ha gettato tutti noi in un mondo di frustrazione, ansia e paure, un'attenzione particolare dobbiamo rivolgerla ai giovani che, forse, più di tutti hanno sofferto di questa situazione. Il cervello dei più piccoli e degli adolescenti ha enorme bisogno di contatti umani per sviluppare al meglio le abilità intellettive ed emotive. Teniamo presente che l'adolescenza è un cambiamento cruciale nella vita, un momento di crescita del cervello che viene dall'infanzia ma non ha ancora raggiunto la piena maturità. La pandemia, con il lockdown, la chiusura delle scuole, la proibizione dello sport e la rarefazione degli incontri, ha tolto ai giovani un pezzo di mondo, come al resto della popolazione peraltro, ma con la differenza che per loro era fondamentale per completare la maturazione e la strutturazione del cervello. E poi c'è stato il disastro della Dad.
DISASTRO DAD
L'aula della scuola è lo spazio per eccellenza per la crescita psicologica e sociale. Non è solo un contenitore di informazioni e nozioni. Nella scuola si forgia il capitale umano di domani. Invece molti ragazzi hanno trascorso troppo tempo appesi a uno schermo e il mondo virtuale è diventato l'unico surrogato della scuola, dei parchi, degli incontri con gli amici. Forse è stato anche un salvagente per loro, ma tutto questo finisce per avere un ruolo sostitutivo che illude il cervello ed elimina il senso profondo delle relazioni esponendoli alle trappole che i social possono nascondere per ragazzini e ragazzine che impazzano sul web.
La vita in rete deve essere complementare a quella analogica. Ma perché ciò succeda l'educazione digitale deve diventare uno dei perni della scuola. E ricordiamoci che la scuola inizia a 6 anni. La verità è che insegniamo ai nostri figli come comportarsi nella vita vera, ma gli diciamo poco del mondo virtuale. Invece i giovani vanno educati. Per questo hanno bisogno soprattutto di maestri che trasmettano loro non solo nozioni ma soprattutto comportamenti corretti e passione e che, come diceva Ovidio, li portino a guardare in alto, rivolgere sempre lo sguardo alle stelle, ed avere ideali.