Sondare. Una missione affidata molto spesso in passata dal Quirinale a vari personaggi. “Verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, che consenta la formazione del governo”. Fu con questo obiettivo che nel marzo di cinque anni fa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affidò un pre-incarico per formare l’esecutivo all’allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.
Praticamente una sorta di esplorazione ma con una finalità precisa, senza quindi le caratteristiche del cosiddetto incarico esplorativo, affidata perciò ad una personalità potenzialmente in grado di guidare una compagine ministeriale, basata su una maggioranza al momento non esistente, ma che appare appunto possibile. Ad esempio perché, come accadeva cinque anni fa, si dispone di numeri sufficienti in un ramo del Parlamento, in quel caso la Camera, ma non nell’altro.
La stessa cosa accadde addirittura ad Alcide De Gasperi, all’indomani delle elezioni del 1953, quando il mancato scatto del premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta ‘legge truffa’, determinò la crisi della formula centrista che aveva caratterizzato la legislatura precedente.
Così il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, il 3 luglio affidò proprio al presidente del Consiglio uscente l’incarico di sondare gli orientamenti dei partiti e di riferire al Quirinale entro 4 giorni. A qual punto il Capo dello Stato conferì a De Gasperi un incarico pieno, ma il governo non ottenne la fiducia in Parlamento e dopo 2.803 giorni lo statista trentino lasciò palazzo Chigi.
Einaudi continuò con la formula, chiamando il 2 agosto Attilio Piccioni, altro esponente Dc. Nonostante dopo una settimana sembrava che fosse pronto a compiere il passo ulteriore per arrivare alla formazione del governo, l’11 agosto fu costretto a rinunciare e nacque così l’esecutivo guidato da Giuseppe Pella.
Andò meglio ad Antonio Segni, che il 27 giugno del 1955, dal Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, fu chiamato a sondare i vari partiti per accertare quale governo costituire. Il 30 giugno ottenne una proroga per proseguire le sue verifiche e il 2 luglio arrivò l’incarico pieno.
Stesso percorso seguito da Moro l’11 febbraio del 1966, chiamato in prima battuta l’11 febbraio 1966 dal Capo dello Stato, Giuseppe Saragat, a valutare gli orientamenti circa la formazione del nuovo governo e poi destinatario di un incarico pieno una settimana dopo. I pre-incarichi furono addirittura tre, sempre affidati da Saragat, tra l’inverno e la primavera del 1970, nella fase che segnò il passaggio dalla stagione del centrosinistra ai governi Rumor. Prima tocca a Moro il 3 marzo, poi il 12 ad Amintore Fanfani, infine il 19 a Mariano Rumor, che il 23 marzo ottiene l’incarico pieno e vara il suo terzo esecutivo.
Singolare la posizione in cui viene invece a trovarsi Giulio Andreotti durante la crisi del primo governo Craxi nell’estate del 1986. Dopo le dimissioni del leader socialista, il Capo dello Stato Francesco Cossiga gli affida l’incarico il 10 luglio.
Di fronte ai niet del Psi, il leader democristiano una settimana dopo riesce comunque ad ottenere la possibilità di una proroga che terminerà il 21 con il fallimento del suo tentativo.
In quella fase supplementare durata cinque giorni, tuttavia, si troverà di fatto a svolgere compiti riconducibili in parte al pre-incarico in parte al mandato esplorativo, visto che, anche attraverso una serie gli incontri con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, pone le basi per la prosecuzione della collaborazione tra socialisti e Dc, suggellata dal cosiddetto ‘patto della staffetta’, per un avvicendamento a palazzo Chigi nei mesi successivi tra il riconfermato Craxi ed un esponente di piazza del Gesù.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Praticamente una sorta di esplorazione ma con una finalità precisa, senza quindi le caratteristiche del cosiddetto incarico esplorativo, affidata perciò ad una personalità potenzialmente in grado di guidare una compagine ministeriale, basata su una maggioranza al momento non esistente, ma che appare appunto possibile. Ad esempio perché, come accadeva cinque anni fa, si dispone di numeri sufficienti in un ramo del Parlamento, in quel caso la Camera, ma non nell’altro.
La stessa cosa accadde addirittura ad Alcide De Gasperi, all’indomani delle elezioni del 1953, quando il mancato scatto del premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta ‘legge truffa’, determinò la crisi della formula centrista che aveva caratterizzato la legislatura precedente.
Così il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, il 3 luglio affidò proprio al presidente del Consiglio uscente l’incarico di sondare gli orientamenti dei partiti e di riferire al Quirinale entro 4 giorni. A qual punto il Capo dello Stato conferì a De Gasperi un incarico pieno, ma il governo non ottenne la fiducia in Parlamento e dopo 2.803 giorni lo statista trentino lasciò palazzo Chigi.
Einaudi continuò con la formula, chiamando il 2 agosto Attilio Piccioni, altro esponente Dc. Nonostante dopo una settimana sembrava che fosse pronto a compiere il passo ulteriore per arrivare alla formazione del governo, l’11 agosto fu costretto a rinunciare e nacque così l’esecutivo guidato da Giuseppe Pella.
Andò meglio ad Antonio Segni, che il 27 giugno del 1955, dal Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, fu chiamato a sondare i vari partiti per accertare quale governo costituire. Il 30 giugno ottenne una proroga per proseguire le sue verifiche e il 2 luglio arrivò l’incarico pieno.
Stesso percorso seguito da Moro l’11 febbraio del 1966, chiamato in prima battuta l’11 febbraio 1966 dal Capo dello Stato, Giuseppe Saragat, a valutare gli orientamenti circa la formazione del nuovo governo e poi destinatario di un incarico pieno una settimana dopo. I pre-incarichi furono addirittura tre, sempre affidati da Saragat, tra l’inverno e la primavera del 1970, nella fase che segnò il passaggio dalla stagione del centrosinistra ai governi Rumor. Prima tocca a Moro il 3 marzo, poi il 12 ad Amintore Fanfani, infine il 19 a Mariano Rumor, che il 23 marzo ottiene l’incarico pieno e vara il suo terzo esecutivo.
Singolare la posizione in cui viene invece a trovarsi Giulio Andreotti durante la crisi del primo governo Craxi nell’estate del 1986. Dopo le dimissioni del leader socialista, il Capo dello Stato Francesco Cossiga gli affida l’incarico il 10 luglio.
Di fronte ai niet del Psi, il leader democristiano una settimana dopo riesce comunque ad ottenere la possibilità di una proroga che terminerà il 21 con il fallimento del suo tentativo.
In quella fase supplementare durata cinque giorni, tuttavia, si troverà di fatto a svolgere compiti riconducibili in parte al pre-incarico in parte al mandato esplorativo, visto che, anche attraverso una serie gli incontri con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, pone le basi per la prosecuzione della collaborazione tra socialisti e Dc, suggellata dal cosiddetto ‘patto della staffetta’, per un avvicendamento a palazzo Chigi nei mesi successivi tra il riconfermato Craxi ed un esponente di piazza del Gesù.