8 marzo, settant'anni fa il voto alle donne

Martedì 8 Marzo 2016 di Marco Gervasoni
8 marzo, settant'anni fa il voto alle donne
Se vi capitasse di raccontare a una ventenne che, fino a pochi decenni fa, le sarebbe stato precluso votare, che difficilmente avrebbe potuto avere un conto in banca, che le sarebbe stato arduo lo studio e che il girare non accompagnata (da un uomo) o fumare una sigaretta sarebbe stati considerati segni di “mala onestà”, giustamente la giovane vi guarderebbe strabuzzando gli occhi dalla incredulità. Eppure per tutto il XIX secolo, quando molto si lottava per i diritti, civili, politici e sociali, e in molti casi a battersi erano anche donne, pochi ritenevano che escluderle dal voto fosse una violazione enorme e arbitraria. Non era questione di destra o di sinistra: i conservatori e i cattolici naturalmente non ne volevano sentir parlare, visto che per loro il compito della donna era quello di madre e di perno della famiglia, un perno beninteso sottomesso al marito.

SINISTRE
Più aperte dovevano essere le sinistre, ma solo in parte. Anche se nell'effimera repubblicana romana del 1849 fu concesso il voto alle donne, i socialisti, rivoluzionari sul piano economico, raccomandavano di andarci piano, visto che le donne erano più facilmente vittima della propaganda dei “preti” e concedere loro il voto avrebbe aiutato i “clericali”. Più attenti erano invece i liberali, come l'inglese John Stuart Mill favorevole non solo al suffragio femminile ma anche alla fine dell'“asservimento delle donne”. Non è un caso che la spinta al voto femminile venne dalle due nazioni culla della democrazia liberale, gli Stati Uniti e l'Inghilterra, con movimenti politici organizzati da donne, le suffragette. Il primo importante paese a concedere il voto alle donne fu però, nel 1906, la Finlandia, che l'anno dopo elesse le prime deputate. Ci volle la Prima guerra mondiale, che costrinse le donne al lavoro di fabbrica, per vedere altri paesi aggiungersi: la Russia sovietica, il Canada e il Regno Unito nel 1918, gli Usa nel 1920 e, curiosamente, ma fino a un certo punto, la Turchia nel 1926.
 
Anche da noi ci furono movimenti suffragisti, come ci racconta il libro di Catia Papa (Sotto altri cieli, Viella), ma solo la bizzarra e fugace Repubblica del Carnaro di Fiume, creata da d'Annunzio, concesse nel 1920 il diritto di voto, e poi il fascismo, nel '25, solo per le amministrative, prima di eliminare le elezioni per tutti…Furono i partiti politici antifascisti, riuniti nel Cln, in particolare Dc e Pci, a decidere nel 1944 che alle prossime elezioni avrebbero votato anche le donne. La prima occasione non era così decisiva, il 10 marzo 1946: si votò per formare i consigli comunali. Più corposa la questione pochi mesi dopo, il 2 giugno, quando si trattava di scegliere tra monarchia e repubblica. E qui tornarono le paure di molti esponenti della sinistra, sulle donne attratte dalla monarchia. Come ha mostrato un recente libretto di Filippo Maria Battaglia (Sta' zitta e va in cucina, Bollati Boringhieri) Ferruccio Parri, il primo presidente del Consiglio dell'Italia liberata, era scettico, «a sbagliare bastiamo noi uomini», amava ripetere.
A molti sembrava un punto di arrivo, ma non era che un punto di partenza. Dopo il diritto di voto occorreva che alle donne non fosse precluso il mondo del lavoro, che cambiassero i modelli familiari, che mutassero le mentalità.

TEMPO
Ci sarebbe voluto ancora tempo, sarebbero state necessarie la pace e la prosperità e una stagione di movimenti, come quella degli anni sessanta e settanta. Solo allora, come spiega Alessia Lirosi in una recente storia del diritto delle donne all'istruzione (Libere di sapere, Edizioni di Storia e Letteratura) nelle università le donne non sarebbero state sparute come fino a quel momento, la riforma del diritto di famiglia nel 1975 avrebbe fatto venire meno le più plateali diseguaglianze tra i coniugi, mentre l'introduzione del divorzio e la legge 180 avrebbero consentito alle donne di poter scegliere il loro destino. Un altro punto di arrivo, un nuovo punto di partenza. Che non deve far dimenticare come in molti paesi questo percorso sia ancora agli inizi. Nelle monarchie del Golfo (Arabia, Kuwait, Emirati Arabi) il voto alle donne è stato introdotto da pochi anni, e in alcuni casi da pochi mesi. Le donne, in stati del Medio oriente a cui pure i regimi autoritari baathisti avevano concesso diritti, sono minacciate dall'avanzata islamista, ostile a qualsiasi voce femminile. Lo studio, in molti paesi, come il Pakistan del Premio Nobel Malala Yousafzai, è ancora precluso alle donne e chi cerca di opporsi rischia la morte. E le recenti, massiccie, ondate migratorie, come mostra il caso di Colonia, ci dicono quanto avessero ragione le suffragette, quando dicevano che nulla era conquistato, e invitavano a non abbassare la guardia.
Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 13:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA