Sblocca-cantieri, Conte avvisa Salvini e Di Maio: «Non rinuncio al decreto»

Martedì 19 Marzo 2019 di Marco Conti
Sblocca-cantieri, Conte avvisa Salvini e Di Maio: «Non rinuncio al decreto»

«Discutiamo sino all'ultimo minuto, ma sia chiaro che questo decreto mercoledì deve andare in consiglio dei ministri». Al vertice serale a palazzo Chigi sul decreto sblocca-cantieri Giuseppe Conte mette i puntini sulle i. Intorno ad un tavolo i capi di gabinetto, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, il ministro dell'Economia Giovanni Tria, il vice ministro Edoardo Rixi con il collega di partito Armando Siri e, per il M5S, Michele Dell'Orco, Laura Castelli e Stefano Patuanelli.

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IL RINVIO
E' l'ennesima riunione dove si pesta acqua. Ne sanno qualcosa i sindacati del settore delle costruzioni che ieri mattina sono usciti a mani vuote dal ministero di Porta Pia. «Nessuna bozza, nessuna proposta. Serve un tavolo politico» dicono i sindacalisti mettendo le dita nelle piaghe di una maggioranza di governo che ormai non esiste più. Consapevole dei rischi che comporta finire nelle sabbie mobili dell'ennesimo rinvio, Conte batte i pugni sul tavolo nella mezz'ora che partecipa al summit. Il premier è pronto a convocare l'ennesimo e decisivo vertice con i due vicepremier Di Maio e Salvini e a mettere in discussione il governo, pur di portare domani a casa il decreto. L'ultimatum del presidente del Consiglio va oltre lo sblocca-cantieri. Il premier è consapevole della paralisi in cui versa la maggioranza che, per non litigare, è costretta a continui rinvii. Restare inermi con la recessione in atto e l'avvicinarsi della scadenza del Def e delle raccomandazioni di Bruxelles, significa però procedere senza accorgersi del baratro dove finirebbe l'esecutivo e i due partiti di maggioranza.

Con la differenza che la Lega di Salvini cadrebbe in piedi - forte dei sondaggi che la danno oltre il 30% - mentre il M5S entrerebbe nella crisi che sinora ha evitato proprio grazie all'esistenza del governo.
L'accordo sullo sblocca-cantieri però non c'è. La Lega pretende l'istituzione di un commissario straordinario per velocizzare gli appalti, ma il M5S non vuole che Toninelli venga ulteriormente esautorato dalla partita degli appalti pubblici che, con la proposta della Lega, passerebbe da palazzo Chigi direttamente al commissario. Senza contare che il Carroccio chiede anche di allargare il perimetro del decreto a tutti e trecento cantieri fermi e all'edilizia privata e non solo ai grandi appalti. Ma nel riuso urbano della Lega il M5S scova una sorta di condono edilizio destinato a sanare irregolarità tecniche precedenti al 1977. I grillini ne vengono a conoscenza e alzano pubbliche barricate che non aiutano la ricerca di un compromesso. Nella riunione non se ne parla, anche perché il capitolo relativo all'edilizia urbana - di cui c'è ampia traccia anche nelle proposte avanzate dal Mef - viene rinviato.
«Non capisco se le osservazioni della Lega siano vere o solo un pretesto per tentare di rinviare il decreto», commenta uno dei grillini al termine delle tre ore di riunione a palazzo Chigi. Il sospetto che la Lega non voglia lasciare a Conte e di Maio la paternità del decreto, è forte nel Movimento. Ma il Carroccio ne fa una questione di contenuto e rifiuta l'elenco di opere da sbloccare che Toninelli vorrebbe inserire nel testo e che «il Parlamento può modificare». Un'idea che fa sobbalzare dalla sedia il ministro Tria terrorizzato dal numero di opere che potrebbero uscire al termine dell'iter parlamentare.

I TIMORI
Stasera, o al massimo domani prima del consiglio dei ministri, Conte tenterà di nuovo di trovare l'intesa, ma le posizioni restano molto distanti. La Lega vuole che dal decreto venga fuori una spinta forte all'economia e non «l'aspirina». Il problema della sospensioni di alcune regole e del potere di autorità preposte al controllo - contenute nelle proposte della Lega e del Mef - turba però i sonni del M5S che teme venga abbassata troppo l'asticella dei controlli e delle responsabilità.
 

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