La tela di Conte d'intesa con il Colle: paese più stabile per bloccare i flussi

Mercoledì 14 Novembre 2018 di Marco Conti
La tela di Conte d'intesa con il Colle: paese più stabile per bloccare i flussi

Dal nostro inviato

PALERMO «Delle volte veniamo descritti come mutevoli, ma noi abbiamo una politica estera ben precisa, un perimetro di alleanze ben definite». È la rivincita della linea europeista ed atlantica quella che Giuseppe Conte rivendica al termine della Conferenza di Palermo sulla Libia. Dove ho trovato l'Italia intendo lasciarla, sembra voler precisare il presidente del Consiglio smentendo quindi derive anti-Bruxelles o particolari sintonia con Mosca. Certo, qualche aiutino c'è stato nelle ore precedenti. Necessario soprattutto per convincere il generale Haftar, non tanto ad arrivare a Palermo, quanto ad incontrare il rivale di Tripoli Al Sarraj.
Ma il sostegno all'Italia lo ha dato non solo la presenza del premier russo Medved, quanto l'attivismo del ministro degli Esteri francese Jean Le Drian e del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che in sostanza a Palermo rappresentava anche la posizione di Berlino.




Un «perimetro di alleanze ben precise», quindi, che contraddice o fa emergere nel governo l'esistenza di una linea di politica estera più ortodossa contrapposta a quella più fantasiosa del vicepremier Matteo Salvini e che segna una distanza anche con le iniziali stravaganze grilline che proponevano il Venezuela come mediatore in Libia.
Ciò che Conte ha sottolineato ieri rimanda non solo al lavoro del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, ma alle raccomandazioni che più di una volta Sergio Mattarella ha espresso sulla necessità di un dialogo costante con i nostri partner europei e con i nostri tradizionali alleati. Un percorso tracciato dal quale però diverge spesso il vicepremier Salvini che, a ridosso della Conferenza, oltre a volare in Qatar, ha attaccato Parigi accusata di aver non solo creato il caos in Libia con la cacciata di Gheddafi, ma di continuare a fomentare disordini.

IL SOSTEGNO DI TRUMP
Conte e Moavero hanno dimostrato, nei giorni che hanno preceduto la Conferenza, di muoversi in tutt'altra direzione. I due ritengono ancora valida l'autocritica fatta dal presidente Macron che ha definito una grave errore la cacciata di Gheddafi ad opera di Sarkozy, ma soprattutto rileva la constatazione che hanno dovuto fare i francesi, dopo il fallimento del percorso costruito a maggio. Ovvero che senza o contro l'Italia è impossibile costruire un percorso di pace.
Conte, forte del sostegno della Casa Bianca di Trump e del sostanziale fallimento dell'idea francese di tenere le elezioni a dicembre, ha ricostruito con il ministro Moavero e con la costante attenzione del Quirinale, una tela che ha portato a Palermo, «la comunità internazionale unita al confronto con tutti gli attori interessati» (secondo le parola di Ghassam Salamè).

E così, al netto delle teatranti modalità di partecipazione del generale Haftar e della porta sbattuta dalla Turchia per non essere da meno e per aver perso la sponda egiziana, a Palermo l'Italia segna un punto uguale a quello che a maggio segnò la Francia, ma con il vantaggio di avere incassato da tutti i rappresentanti libici, Haftar compreso, che parteciperanno alla Conferenza che a gennaio si terrà in Libia, e che contribuiranno nelle prossime settimane a stabilizzare il Paese cominciando da Tripoli.
La stretta di mano tra Haftar e Sarraj, suggellata nella foto da un sorridente Conte, conferma come nessuno dei due abbia chiesto un passo indietro dell'altro da qui alle elezioni. «Non si cambia cavallo mentre si attraversa un fiume», ha sostenuto Haftar nel corso dell'incontro mattutino con Sarraj, confermando la vera novità emersa ieri a Palermo. Ma l'uomo forte della Cirenaica ha anche sostenuto, intervistato dalla tv libica, che i leader degli stati confinanti (Tunisia, Algeria, Niger, Ciad, Sudan ed Egitto) «devono aiutarci almeno controllando le loro frontiere in maniera di non permettere l'immigrazione clandestina che ci crea il problema delle milizie, al-Qaeda, Daesh, movimento islamico e integralisti che entrano attraverso le nostre frontiere».

«UN SERVIZIO ALL'EUROPA»
Ieri Conte si è premurato di spiegare che nella due giorni palermitana «non si è parlato di immigrazione». Un tema che, se fosse stato in agenda, avrebbe forse visto la presenza a Palermo anche del vicepremier Salvini. Ma il nesso tra stabilizzazione della Libia e immigrazione ribadito da Haftar, Conte lo ha evocato più volte ritenendo - al pari dell'inviato Onu - che solo l'avanzare del processo di pace può permettere ai libici di governare i flussi di migranti e scongiurare minacce terroristiche.
Ed è su questo punto che si salda l'interesse italiano con quello americano, francese e, soprattutto, europeo. «Con la Conferenza di Palermo abbiamo reso un servizio anche all'Europa», ha sostenuto Conte visibilmente soddisfatto per l'esito dell'incontro palermitano. Ma è proprio il ruolo giocato dall'Italia nella cornice europea che Salvini contesta. Ieri il leader leghista ha salutato con soddisfazione l'esito del vertice di Palermo, ma l'immigrazione ha sinora reso molto e difficilmente la Lega potrà rinunciarvi per una Conferenza.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 14:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA