Una Cinecittà tra Polesine e Delta del Po

Venerdì 23 Marzo 2018
Una Cinecittà tra Polesine e Delta del Po
LA MOSTRA
Il paesaggio senza tempo del Delta del Po e il Polesine saranno in mostra a Rovigo, da domani fino al 1. luglio a Palazzo Roverella, con Cinema! Storie, protagonisti, paesaggi, rassegna dedicata al Delta del Po come protagonista e scenografia di film, documentari, sceneggiati e trasmissioni tv. È una mostra di immagini lungo 14 sale (due per le proiezioni) con circa 500 reperti tra manifesti, cartelloni, documenti, foto di scena e sceneggiature di una filmografia che spazia tra oltre 80 film girati o ambientati in gran parte in territorio rodigino, e 115 documentari, dai cinegiornali dell'Istituto Luce a Lungo il fiume di Ermanno Olmi e Il delitto Matteotti e l'Aventino di Folco Quilici. E ancora 26 tra sceneggiati, come Il mulino del Po di Sandro Bolchi, e trasmissioni televisive.
IL POLESINE DI UNA VOLTA
Oggi all'inaugurazione ufficiale a Palazzo Roncale parteciperà anche il regista Pupi Avati, insieme al curatore della mostra Alberto Barbera, e ad Antonio Finotti, presidente della Fondazione Cariparo, che ha promosso la rassegna in collaborazione con il Comune e l'Accademia dei Concordi di Rovigo. Secondo il curatore Barbera, il Polesine amato da Gian Antonio Cibotto non esiste più, e il cinema ne ha raccontato un altro, più vicino alla storia e alle sue contraddizioni. E la settima arte, aggiunge Barbera, «continuerà a farlo, finché ci saranno registi e autori sedotti dal fascino esercitato da questa terra e dalle sue acque, che nessuna modernizzazione, ci auguriamo, potrà mai cancellare». Sospeso nel tempo, tra immagini del passato e potenzialità da realizzare nel turismo sostenibile, dopo i lustri passati a dibattere sul convivere o no con la centrale Enel, il Delta del Po conferma la sua unicità, perché qui «l'acqua scorre più alta della terra» e «il cielo incombe su un terreno che muta al variare del tempo», ricorda Barbera.
IL FASCINO DEL DELTA
Lo può confermare chi naviga il Delta per lavoro. E non è un caso che Carlo Mazzacurati indicasse il Polesine come una pagina bianca, dove ogni regista può scrivere quello che vuole. Sono 73 i titoli dei film in terra polesana seguendo la filmografia della mostra: da L'argine di Corrado D'Errico (1938) al primo riferimento del cinema neorealista, Ossessione di Visconti (1943). Si passa dall'episodio Porto Tolle di Paisà, girato da Roberto Rossellini distribuendo anche cibo, soldi e coperte tra la gente del Delta, fino al recente Made in Italy di Luciano Ligabue. Per Federico Fellini, durante gli spostamenti per le riprese di Paisà, ciò che si vedeva nel Delta era solo una lingua di terra che se ne andava, e quello che si allontanava era un paesaggio che non esisteva. Così, maestri come Lattuada, Soldati, Vidor, Antonioni, Comencini, Vancini, Brass, Mazzacurati, Bertolucci, Lucchetti, Soldini, Marco Tullio Giordana e Pupi Avati, che con Carlo Mazzacurati è il regista che più ha filmato il Polesine e il Delta, hanno provato a catturare qualcosa che non si può trasformare in un racconto: No, il Delta inventa lui, diceva Cibotto, e per capirlo «bisogna esserci stati in quel lembo di terra», spiega anche il curatore della mostra.
ATTRAZIONE FATALE
Barbera, direttore della Mostra del Cinema di Venezia, confessa che non conosceva il Polesine, e ne aveva solo delle immagini astratte: «Con questa mostra ho scoperto e avuto la conferma del suo fascino. Ho capito perché tanti cineasti sono stati e sono attratti da questo paesaggio fuori dal tempo, affascinante, con i suoi problemi sul piano del difficile rapporto con lo sviluppo e col suo essere irripetibile». Negli anni del dopoguerra era stato in particolare Florestano Vancini a raccontare il Delta. Allora, come si vede nel documentario Delta padano, prodotto nel 1951 dalla Cgil di Ferrara, ogni nuovo giorno portava via i sogni, come il Po le sue onde al mare, e la vita di stenti contava anche la morte di 12 bambini ogni 100 sotto i 5 anni. Oggi non c'è più la disperazione di un tempo, ma le condizioni non sono semplici, come più recentemente hanno raccontato Ferdinando De Laurentis o la scrittrice ed editrice Elisabetta Sgarbi, in due film (Notte senza fine, del 2004, e Racconti d'amore, 2013) e in numerosi documentari, che ritraggono uomini e donne con vite legate strettamente al Po e alle sue stagioni. Oltre mezzo secolo fa era Michelangelo Antonioni a raccontare la Gente del Po (1947): quelle sofferenze e sacrifici sono lontani, ma nelle immagini di allora e in quelle di oggi, terra e acqua continuano a chiedere rispetto.
Nicola Astolfi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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