Torna Ultimo tango a Parigi film condannato e restaurato

Martedì 22 Maggio 2018
IL RITORNO
Il 1972 è l'anno di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci che con sedici milioni di spettatori è il film italiano più visto di tutti i tempi nel nostro Paese. Ad appena sei giorni dalla prima, il film è sequestrato perché ritenuto osceno e privo di contenuto artistico. Poco dopo il tribunale di Bologna ne prescrive il dissequestro e il successo e a Bertolucci sono sospesi i diritti civili per cinque anni. La Cassazione nel 1976 decreta che le copie, compresi i negativi, devono essere messe al rogo. Solo tre esemplari potevano essere conservati come corpo del reato.
Una delle copie salvate è stata ora restaurata dalla Cineteca nazionale con la supervisione di Vittorio Storaro e il 21 maggio il film torna in sala sia nella versione originale con sottotitoli italiani (mai uscita in Italia) sia nella versione doppiata.
Candidato a due premi Oscar, ha segnato un'intera generazione e divenne subito il film cerniera del cambio di mentalità del nostro Paese, nonostante le furiose polemiche che lo portarono al sequestro. Scritto e ideato dal veneziano Kim Arcalli (Non a caso l'ho scritta con Kim disse il regista che non è solo il mio montatore ma la mia coscienza strutturale), assume oggi le sembianze di summa del cinema d'autore anni Settanta in cui confluiscono lo stile della Nouvelle Vague, del cinema hollywoodiano, del '68 e della rivoluzione sessuale.
Il tango sessuale tra Brando, Paul americano di mezza età, e Maria Schneider, la giovane Jeanne, prende il via subito dopo un incontro casuale in un appartamento vuoto a Parigi: un luogo anonimo in cui un uomo e una donna sono messi uno di fronte all'altra per sperimentare nuovi comportamenti. La loro relazione è puramente sensuale, giurano di non dirsi mai i nomi, di ignorare le rispettive vite, cercando nell'atto sessuale un'alternativa al conformismo che li circonda. Si lasciano, si riprendono, finché Paul decide di uscire dall'anonimato. Allora, certe pratiche sessuali fecero scalpore e soprattutto fece scalpore il fatto che nel set la sodomizzazione col burro non venne recitata. La Schneider aveva confessato di essersi sentita umiliata e violentata. Oggi, ai tempi di #MeToo, una scena così sarebbe impossibile da girare.
Giuseppe Ghigi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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