Scomparso Camillo Berti padre degli alpinisti veneti

Mercoledì 21 Novembre 2018
IL RICORDO
Le Dolomiti hanno perduto un altro pezzo della loro storia. Questa volta i Monti Pallidi hanno perso un uomo che da quasi un secolo era parte di loro. Nella notte tra lunedì e martedì è morto Camillo Berti. Viveva a Venezia, in luglio aveva compiuto 98 anni. Camillo era l'ultimo figlio vivente di Antonio Berti, pioniere e padre degli alpinisti veneti, uno dei maggiori divulgatori in assoluto, autore di quella guida delle Dolomiti Orientali che per decenni è stata compagna nello zaino di ogni amante della montagna. Camillo era nato a Padova il 24 luglio 1920, secondogenito di Antonio Berti e Marina Suman. Sei anni prima era nato il fratello Alessandro, al quale la sorte riservò una fine tragica, la morte di stenti in un treno nazista in Cecoslovacchia il giorno prima della Liberazione. Quattro anni dopo Camillo nacque Tito, prima medico poi specializzato in farmacologia, mancato vent'anni fa. Con Camillo Berti scompare, un uomo che seguì pazientemente le orme paterne senza mai divenirne prigioniero, testimone del sapere e della cultura delle Dolomiti, con un'idea ben precisa di ciò che si chiama alpinismo: «Secondo me osservò pochi mesi fa è pericolosa la tendenza a considerare l'alpinismo solo in forma di arrampicamento. Invece è amore per la vita e per i monti. Dobbiamo cercare di vivere il valore della montagna. Che vuol dire sì, arrampicare, ma non basta». Conobbe Paola De Nart, che sarebbe diventata sua moglie, durante una gita sociale del Cai, e lei gli fu sempre accanto, tra le Dolomiti come nel lavoro lontano dalle pareti. Si spense un anno prima di lui.
«Per noi è stato un secondo padre ricordano Marina e Antonio, nipoti di Camillo . Era uno spazio di vita, di affetto, di curiosità, di iniziativa di cui noi abbiamo molto goduto, da piccoli come da adulti». E il rapporto con il grande Antonio? «Camillo aveva trovato dei margini diversi di attività rispetto a quella del padre, che comunque era un riferimento costante. Le sue guide erano principalmente di carattere escursionistico e non alpinistico, come invece erano quelle di Antonio».
L'AMORE PER LE ALPI
Dedicò gran parte della vita a due sue creature, Le Alpi Venete, la rassegna semestrale delle sezioni trivenete del Club Alpino, di cui tuttora era direttore onorario (fu direttore dal primo numero pubblicato nel 1947), e la Fondazione Berti, istituita poco dopo la morte del padre per raccogliere la grande documentazione storica di Antonio e per realizzare ricoveri in montagna. Era socio onorario del Cai e curò la collana delle Guide dei Monti d'Italia con il Touring Club, scrisse egli stesso numerose guide. In parete non firmò vie estreme ma assieme a Toni Gobbi nel 1961 riuscì a compiere una grande prima, la traversata scialpinistica delle Dolomiti da San Martino di Castrozza a Sesto. Avvocato, fu dirigente della Sade prima e dell'Enel poi, e visse con grande sofferenza la tragedia del Vajont. «Lunedì scorso, forse il suo ultimo giorno di lucidità ricorda la nipote Marina ne abbiamo parlato per tre ore. Il Vajont l'aveva segnato profondamente»
Franco Soave
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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