Non parla la banda dell'eroina turca

Giovedì 10 Giugno 2021
Non parla la banda dell'eroina turca
L'INCHIESTA
MESTRE Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i primi sette indagati interrogati ieri dal giudice per le indagini preliminari Andrea Battistuzzi con l'accusa di appartenere ad un'organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, arrestati l'altro giorno dagli uomini della Squadra mobile nell'ambito di una complessa indagine coordinata dalla pm Laura Cameli.
Si tratta di Abidin Baran, 49 anni, Kayhan Baran, 21 anni, entrambi di nazionalità turca, residenti a Varese; Dominique Pierre Dreamsking, 46 anni, originario della Liberia e residente a Varese; l'iracheno Hunar Abdullah Hussein 35 anni, residente ad Este; l'albanese Ervis Prelaj, 29 anni, residente a Varese; l'iracheno Ziad Taher Siliman, detto Shero, 31 anni, residente ad Este e il turco Mustafa Yildirim, 32 anni, residente in Svizzera.
IN CARCERE
Per sei di loro è stato disposto il carcere per uno gli arresti domiciliari. Un ottavo indagato, al quale è stato inflitto soltanto l'obbligo di dimora, il marocchino Hakima El Hillai, 49 anni, residente a Varese, sarà interrogato dal gip nei prossimi giorni. La misura cautelare chiesta e ottenuta dalla Procura riguarda anche altri due indagati, che però non sono stati trovati. Sotto inchiesta a piede libero, infine, ci sono ulteriori quattro persone.
In tre anni di indagine la polizia è riuscita a togliere dal mercato oltre mezzo quintale di stupefacente, intercettando alcuni tir carichi di eroina destinata a soddisfare la domanda dell'intero Nordest e di altri Paesi come la Francia e la Svizzera.
La Mobile ha ricostruito l'attività di due cellule della stessa organizzazione che, secondo la Procura, faceva capo ad un cittadino turco residente a Varese. Lui, sposato con un'italiana titolare di un bar, teneva i contatti ai livelli più alti: la maggior parte delle sue giornate erano trasferte di lavoro all'estero, per investire i capitali del gruppo: il volume d'affari viene stimato in almeno un milione e mezzo all'anno: il giudice veneziano ha emanato un decreto di sequestro preventivo fino all'ammontare di 2,5 milioni di euro.
IL KEBAB
Il quartier generale veneto della banda, come ricostruito dagli uomini della squadra mobile di Giorgio Di Munno, era un Kebab di Este. Qui, la cellula padovana, nascondeva la droga e organizzava i trasporti e gli incontri con i clienti per l'import-export. A un certo punto, nel dicembre 2019, avevano mangiato la foglia: avevano capito che la polizia li stava pedinando e temendo che potessero arrivare alla droga, avevano nascosto i carichi di eroina, in due diverse occasioni, interrandoli in un bosco a due chilometri dal centro della cittadina. La polizia li aveva recuperati comunque: una volta aveva trovato 1,7 chili, un'altra 3 etti e mezzo.
LA VALIGIA
L'operazione è stata denominata Wolf in quanto alcuni dei panetti di droga finiti sotto sequestro erano marchiati con l'effige di un lupo; un'altra partita, invece, era stata contrassegnata da un'aquila. L'eroina era pura al 100%, senza tracce di sostanze da taglio: quella preferita dagli spacciatori, che poi possono diluirla tre o quattro volte prima di rivenderla, tagliandola a loro piacimento.
L'indagine prese il via da un primo ritrovamento da record, avvenuto in una stanza dell'hotel Mercure di Marghera nel maggio 2018. In quell'occasione, una cameriera dell'albergo, attirata dal forte odore che arrivava dalla camera, aveva dato l'allarme. In una valigia, i poliziotti trovarono nascosti 42 chili di eroina e fu arrestato il proprietario della valigia, un quarantenne incensurato, di nazionalità rumena, residente a Madrid. La droga partiva dalla Turchia e seguiva diverse rotte, sempre tramite camion per approdare ad Este o Varese ed essere quindi distribuita.
Gianluca Amadori
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci