Magenta, corvetta veneziana

Mercoledì 25 Aprile 2018
Magenta, corvetta veneziana
LA STORIA
Avrà pensato che il mito romantico della morte a Venezia le poteva stare anche bene. Ma era ancora giovanissima essendo poco più che ventenne. Aveva passato gli ultimi anni come pensionata di lusso nel glorioso Arsenale di Venezia. Negli ultimi tempi navigava da Venezia a Chioggia, da Chioggia ad Ancona e ritorno. Un nulla per lei abituata ad un grande palcoscenico oceanico. Si chiamava Magenta, era una bellissima pirocorvetta in legno con scafo rivestito di foglie di rame. Aveva l'elica a scomparsa e tre maestose vele quadre. Così giovane aveva anche un sacco di primati: la prima nave militare italiana a fare la circumnavigazione del mondo (ci impiegò tre anni e mezzo). La prima a portare il nuovo tricolore negli inaccessibili imperi orientali della Cina e del Giappone.Grazie al suo comandante Vittorio Arminjon, originario dell'Alta Savoia (all'epoca non ancora terra francese), capitano di fregata, plenipotenziario.
UNA NAVE GLORIOSA
A bordo furono firmati i primi trattati di amicizia e di commercio dell'Italia con capitale Firenze. La Magenta sarebbe passata all'oblio della storia, se due ricercatori fiorentini Francesco Ammannati e Silvio Calzolari, non avessero estratto dalle polveri degli archivi, un materiale immenso, fotografie, documenti, rapporti etnografici dall'America del Sud, Borneo, Cina, Giappone, Australia. La Magenta aveva un motore inglese Penn & Sons da 1900 cavalli, andava a 10 nodi, però beccheggiava e rollava tremendamente per via dei tre alberi. Le navi a vapore erano ancora sperimentali. Stivava 100 tonnellate di carbone che venivano risparmiati il più possibile. E fu immediatamente utilizzata nelle rotte commerciali.
IN SUDAMERICA
La seta era in pericolo, per via della pebrina, una malattia che partita dalla Francia minacciava le nostre produzioni. Quando partí da Napoli nel 1865 furono caricate centinaia di bottiglie di Chianti e di liquori da dare in dono alle autorità incontrate. A bordo c'erano 297 persone di equipaggio e tre scienziati. Lo zoologo torinese, senatore Filippo De Filippi che morì durante il viaggio, il naturalista trentino Clemente Biasi, il fotografo, cronista, interprete ventenne Enrico Hillyer Giglioli, modenese, che scrisse anni dopo il diario Viaggio intorno al globo della Regia pirocorvetta Magenta. Era lunga 67 metri ed era costata 2.339.000 lire. Quando dopo 2 mesi di navigazione arrivò a Rio de Janeiro, ad accogliere l'equipaggio fu una napoletana. L'imperatrice Maria Teresa di Borbone, finita lì per legami dinastici e assolutamente infelice. Enrico Giglioli, oltre a decine di foto di creoli e meticci seminudi, annota nel suo diario traendo le notizie dalla stampa locale: Vendesi bella adolescente mulatta che lava, stira e cucina, é fedele e non ha vizi. Prezzo 600 milreis (1700 lire dell'epoca). E inoltre: Vendesi lotto di 15 giovani schiavi. Bella presenza. Venuti da fuori. Quando la Magenta salpa da Rio, mancano all'appello 10 marinai. Avevano ceduto alle lusinghe delle cariocas. A Montevideo disertarono 2 secondi piloti e tre marinai.
NELLE INDIE ORIENTALI
Il 12 febbraio 1866 la Magenta, in navigazione verso il Capo di Buona Speranza, con onde alte 10 metri, affronta il suo primo uragano. Le mille uova depositate in cambusa diventano una enorme frittata, i servizi di porcellana della mensa ufficiali vanno in frantumi, però le bottiglie di vino si salvano. Il grosso gregge di pecore per la carne fresca, chiuso in stiva, impazzisce. Ad aprile arrivano nelle Indie Orientali, i luoghi dei pirati malesi, dei daiacchi, i temuti tagliatori di teste e cannibali, cari a Emilio Salgari. A Singapore, Giglioli fotografa i fumatori di oppio. In Cocincina, da poco dominio francese, si rompe il timone, per fortuna maestranze locali istruite provvedono alla bisogna. I francesi regalano 100 tonnellate di carbone e provvigioni fresche per 4 mesi. Il 4 luglio il comandante Arminjon punta il cannocchiale e vede il profilo del Fujiyama.
GIAPPONE ESOTICO
In Giappone, Giglioli si scatena. Le sue fotografie sono un patrimonio etnografico immenso. Il paese aveva chiuso da 3 secoli con gli occidentali, credendoli dei diavoli. Il fotografo italiano riprende i candidi giapponesi nudi nei bagni collettivi che si strofinavano a vicenda col sapone. A Yokohama il commerciante lombardo di seta Vincenzo Comi, ivi residente, organizza una festa da ballo. Ci sono 9 dame che si contendono 150 cavalieri che non vedevano signore da oltre un anno. Devono anche stare attenti a samurai esaltati che avevano giurato odio ai nasi lunghi e capelli rossi. Come venivano derisi gli europei. Dopo settimane di trattative e grazie all'abilità del commerciante Comi, che parlava perfettamente giapponese, si firmò un trattato con l'Italia. Nello stesso momento in Adriatico, la battaglia persa di Lissa, consentì l'annessione del Veneto. Il trattato prevedeva vantaggi per il commercio dei bachi da seta e lo scambio di ambasciatori. Primo contatto ufficiale tra i due paesi. Giusto il tempo per salpare per la Cina, dove si doveva portare a casa lo stesso risultato giapponese.
CINA E AUSTRALIA
A Tien Tsin, il porto di Pechino, un altro lombardo, il vescovo Luigi Moccagatta aiuta la missione. Veste alla cinese, come un monaco buddista. Giglioli fotografa poveri cinesi condannati con il Kia, la gogna di oltre un metro quadrato di legno, che porta alla morte per fame e inedia. Nell'Impero Celeste, appena sconfitto e umiliato dalle guerre dell'oppio, l'Italia firma il primo trattato alla pari con Pechino. A Hong Kong, da poco colonia inglese, muore per febbre lo zoologo Filippo De Filippi. Verrà riportato in Italia solo 50 anni dopo. La Magenta non é ancora stanca di viaggi e salpa per l'Australia. Ciurma e ufficiali a Sidney e a Melbourne si sentono a casa. Vengono addirittura premiati come cittadini onorari. Giglioli non perde tempo e fotografa la triste condizione degli aborigeni, trattati non come schiavi ma come esseri sub-umani. La Magenta prende la rotta per il Perù. Si ferma a Callao, il porto di Lima.
Al ritorno la Magenta, diventata una vecchia signora anzitempo viene destinata a Venezia. Lo Stato italiano vuol far rinascere l'Arsenale con nuovi progetti. Irriverente della sua gloria sui mari e della sua storia, la Magenta fa la fine infausta del Bucintoro che proprio lì mezzo secolo prima, ormeggiava. Al posto dell'oro, la pirocorvetta ha rame da vendere e una ventina di cannoni in bronzo da fondere. Il legno della nave smantellata, scalderà le case dei numerosi arsenalotti. Fine ingloriosa di una serenissima eroina.
Maurizio Crovato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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