L'OMAGGIO
MESTRE Gaber è uno solo. Anomalo fin dall'inizio, non somiglia

Mercoledì 24 Ottobre 2018
L'OMAGGIO MESTRE Gaber è uno solo. Anomalo fin dall'inizio, non somiglia
L'OMAGGIO
MESTRE Gaber è uno solo. Anomalo fin dall'inizio, non somiglia agli altri e continua a essere diverso. «Perché di lui si è sempre detto solo che è un intellettuale e mai che è un grande cantante dal punto di vista tecnico?» si è chiesto ieri Ivano Fossati sul palco del Teatro Toniolo davanti a una platea affollata di studenti e pubblico per un incontro su Giorgio Gaber.
IL RUOLO
Il cantautore con il giornalista Massimo Bernardini ha ricordato il ruolo sociale e culturale della canzone d'autore, il proprio rapporto con l'opera di Gaber e il Teatro-Canzone, partendo dal suo nuovo album Le donne di ora, ideato per avvicinare le nuove generazioni alla figura e all'opera di Gaber. Il disco include un'accurata selezione di celebri canzoni del repertorio gaberiano, tutte interamente rielaborate e riprodotte da Fossati, secondo le più avanzate tecnologie del suono. Incalzato da Massimo Bernardini, biografo di Gaber e noto autore e conduttore televisivo, Ivano Fossati ha ripercorso la celebre storia del cantautore italiano attraverso esempi sonori arricchiti da una suggestiva raccolta di contributi filmati curata dalla Fondazione Gaber. Il primo video proiettato è stato quello della canzone Ciao ti dirò (1958), dove Gaber spuntava da un juxe box.
RESTAURO
«La rimasterizzazione, il restauro del nastro consentono una maggiore potenza del suono, ecco perché le canzoni suonano meglio» ha spiegato Fossati al pubblico, facendo ascoltare poi la stessa canzone da lui riarrangiata. «I ragazzi rifiutano il suono vecchio, e per avvicinarli a quello di Gaber, anche a lezione all'università, ho scoperto che hanno una grande percezione dell'importanza del suo nome, ma non lo conoscono».
Fossati ha fatto poi vedere il video della canzone Non arrossire (1961), in cui Gaber suonava la chitarra nel prato, forse la più amata dal cantautore. «E' stato fantastico arrangiarla» ha raccontato Fossati. «Lo stile, la scrittura degli archi e violoncello era molto moderna, c'era valore musicale. E poi sentite la sua voce espressiva e rotonda? Era un grande cantante dal punto di vista tecnico».
Gaber era istintivo, ma soprattutto non voleva stare in studio di registrazione. La canzone successiva, Le strade di notte (1962) è stata descritta come un puro testo letterario, che contiene parole che prima non c'erano mai state, una delle prime canzoni spigolose. «I nastri di questa canzone si sono persi, perché le case discografiche sono scomparse. In questi casi ci sono delle operazioni particolari, i nastri andrebbero srotolati poi per le incisioni» ha spiegato Fossati.
Il cantautore ha poi parlato delle canzoni composte con Umberto Simonetta, il primo intellettuale che Gaber incontrò e con cui compose Le nostre serate (1963). «Era un paroliere- scrittore, uno dei pochi se penso solo al rapporto che legava Lucio Dalla a Roberto Roversi, se si cerca un poeta». E poi Come è bella la città, scritta insieme a Luporini, che dopo averla riascoltata, ha fatto constatare a Fossati: «I cantanti degli anni 60 non erano stonati. Lavoravano e cantavano in guerriglia».
Filomena Spolaor
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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