«Io, il sindaco di un campeggio»

Lunedì 15 Ottobre 2018
«Io, il sindaco di un campeggio»
IL PERSONAGGIO
E' come essere il sindaco di una cittadina di 12.500 abitanti che vive soltanto d'estate. Chiese, uffici, ristoranti, bar, alberghi, case grandi e piccole, piste da ballo, spettacoli, pronto soccorso, persino un ospedale veterinario sempre aperto, con tanto di ambulanza per cani. Una cittadina che vive tra mare e pineta, sul campeggio più grande d'Europa, esteso per 72 ettari nel litorale del Cavallino. Gli abitanti si muovono a piedi o in bicicletta, metà sono tedeschi, gli altri italiani, svizzeri, danesi, olandesi, inglesi. Questo sindaco speciale è Alessandro Sgaravatti, un padovano di 53 anni che ha abbandonato la carriera di neurochirurgo per diventare il manager della UnionLido che conta ogni anno 1.200.000 presenze. Fatturato di 27 milioni di euro; 500 collaboratori tra diretti e indotto. «Sono un medico a tutti gli effetti, ma. Nel 1991 lavoravo dopo la laurea col professor Carteri in clinica neurochirurgica, era quella la mia professione. Avevo questa grande passione di fare il medico in Kenya. A un certo punto sono stato messo di fronte alla scelta se continuare come neurochirurgo o seguire l'attività di famiglia, così mi sono iscritto a Roma a una scuola di specialità per direzione aziendale nella formazione turistica ed eccomi qui».
Le manca il lavoro di medico?
«Certo. Ma sicuramente faccio un'attività divertente e con una varietà di aspetti che ti portano a decidere in fretta su tanti temi: da che preti verranno quest'anno nelle nostre chiese a che tipo di fiori piantare? È un turismo con un bacino di origine vario che ti consente di capire in anticipo come andranno le cose in Europa anche in economia e in politica. La Danimarca, per esempio, è in fase di declino, ma aumentano italiani, polacchi, svizzeri. Nel prossimo ventennio uno dei cardini economici sarà il turismo: bisogna tornare ai livelli degli anni '70 quando l'Italia era al primo posto; ora è scivolata al quinto!».
Quando è incominciata l'avventura dell'Union Lido?
«Era il 1955, mio nonno materno Angelo Macola e il socio Ignazio Vok, depositari del marchio NSU con autosaloni a Verona, ricevettero dalla fabbrica automobilistica e motociclistica tedesca l'incarico di individuare un'area per le vacanze dei dipendenti. Scelsero il litorale del Cavallino, allora agricolo, e crearono la prima struttura ricettiva all'aperto organizzata in Italia. Si chiamava NSU Lido e la pubblicità invitava: Tutti i motociclisti NSU in Europa che vogliono trascorrere le ferie in Italia, saranno i benvenuti in questo campeggio. I primi ospiti erano molto avventurosi, anche solo per il fatto di arrivare dalla Baviera in moto o motorino con la tenda montata sul portapacchi. Poi sono arrivati a bordo della Prinz. Si racconta di estati al canto di Marina, Marina, Marina con la pista da ballo affollata».
Quando siete diventati Union Lido?
«Negli anni '70 la NSU cessò come nome, assorbita dall'Audi. Lasciò l'attività turistica ai due soci e nacque la Union Lido, il nome deriva da Autounion che è uno dei quattro marchi tedeschi che sono rappresentati dagli anelli della Audi. Oggi siamo alla terza generazione, dopo la gestione di mia madre e di Ignazio Volk junior. Siamo una delle aziende più antiche nel settore; la più antica nel mondo ad aria aperta, e anche il primo campeggio italiano a 5 stelle».
Siete cambiati ancora negli anni '80?
«A segnare la svolta è stato il fenomeno delle alghe con l'invasione delle mucillagini. Questo ha consentito di approvare in fretta una legge che ha permesso di varare rapidamente un progetto di ristrutturazione all'aria aperta: dal campeggio vero e proprio alla tipologia del resort. L'anno scorso, in agosto, un uragano ha abbattuto oltre 500 piante ad alto fusto. Abbiamo migliorato l'alberatura e testato il sistema dell'emergenza. Per fortuna dicono che cose del genere avvengono una volta ogni 47 anni!».
Che tipo era il fondatore?
«Mio nonno Angelo si era laureato in economia a Ca' Foscari e aveva lo spirito di imprenditore del dopoguerra, un vulcano capace di creare in un decennio 22 diverse società. Puntava su una squadra sicura, qui al Campeggio dall'apertura al 2006 si sono alternati soltanto due direttori, dal 1983 c'è stato Armando Ballarin che insieme alla seconda generazione ha traghettato l'azienda nel Duemila. Gran parte di questi terreni sono stati acquistati con una stretta di mano al ristorante da Achille sotto la chiesa, sempre con soldi in contanti. Il nonno è sepolto nella chiesa del Cavallino. Mia madre ha rappresentato la seconda generazione, è una specie di clone del nonno al femminile ma con maggiore predisposizione alla gestione».
Cosa chiede oggi l'ospite?
«È un momento storico di grande rivoluzione nel settore: non esistono più piani di sviluppo, al massimo annuali. È una grande sfida, devi essere in grado di interpretare le aspettative del mercato, anche quelle inconsce. Lo spazio è il primo elemento, il silenzio il secondo, la sicurezza il terzo. L'ospite decide che tipo di vacanza vuole: c'è un'area per chi preferisce una permanenza movimentata, un'altra per chi gradisce solo il cinguettio degli uccelli. Sul fronte mare non esistono reti di protezione, questo consente una bellezza spalancata ma anche rischi di infiltrazione. Tutti gli ospiti sono dotati di un braccialetto con chip che permette di controllare gli accessi e viene percepito dall'ospite come elemento di sicurezza. Il nostro target è la famiglia, c'è un ricambio della metà, ogni anno dobbiamo trovare 600mila persone nuove e seguirne le nuove tendenze. Abbiamo appena aperto il dogcamper: è l'unica struttura in Europa che ha un servizio veterinario ininterrotto e una piscina per cani. La zona ristorazione propone il gelato per cani».
È importante essere sul litorale di Cavallino?
«Cavallino, che oggi fa 13mila abitanti, ha due anime: una litoranea e una entroterra, quella turistica e quella agricola con coltivazioni di altissimo livello. Puntiamo sulla formazione del personale per creare un polo di eccellenza, una sorta di università del turismo all'aria aperta. Un campus universitario rivisto e corretto in salsa locale. Il sindaco Nesto è d'accordo e mira al coinvolgimento dei giovani. Il nostro è un settore molto specifico, cerchiamo professionalità che la scuola alberghiera purtroppo non prepara: contano l'attitudine a relazionarsi col pubblico e il carattere».
Solo turismo di massa nel futuro del dottor Sgaravatti?
«Curo anche l'azienda agricola sul versante della collina di Monselice che comprende al suo interno un lago termale e il castello di Lispida dove ha soggiornato nel 1918, dopo Caporetto, re Vittorio Emanuele III. L'azienda produce vini naturali, Anfora è il primo vino italiano realizzato in anfore di terracotta. Ma penso a un campeggio di 12 ettari più 24 di bosco. Potrebbe essere una grandissima opportunità di movimentare il flusso turistico nell'area della Bassa Padovana».
Edoardo Pittalis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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