IL RITRATTO
Grandi occhiali scuri. I capelli all'indietro come un'icona hollywoodiana

Martedì 13 Novembre 2018
IL RITRATTO
Grandi occhiali scuri. I capelli all'indietro come un'icona hollywoodiana di altri tempi. Il sorriso luminoso, carico di sottintesi, immancabile, tanto da valergli il soprannome The Smilin', il Sorridente. Su tutto, la consapevolezza di essere The Man - altro suo appellativo - l'uomo che ha creato alcuni dei supereroi più amati dell'immaginario internazionale, da Hulk a Spider-Man, da Black Panther agli Avengers. Fumettista, editore, produttore, Stan Lee, anima della Marvel Comics, suo presidente e direttore editoriale per lungo tempo, si è spento ieri, a 95 anni, dopo essere stato ricoverato d'urgenza, il giorno prima, presso il Cedar Sinai Medical Center a Los Angeles. A dare l'annuncio della scomparsa è stata la figlia: «Mio padre ha adorato tutti i suoi fan, è stato il più grande uomo di sempre».
UNA LEGGENDA
Una leggenda per i cultori del fumetto. Sì perché Stan Lee è rapidamente assurto all'Olimpo dei suoi stessi personaggi nella fantasia degli appassionati: eroico quanto i super-protagonisti delle sue storie. O quasi. Nato nel 1922 a New York in una famiglia di immigrati, Stanley Martin Lieber, che poi adotterà lo pseudonimo Stan Lee, si accosta presto al mondo del fumetto. Il primo impiego è per Martin Goodman presso la Timely Comics, che poi diventerà, appunto, la Marvel. Stan mostra subito il suo talento, l'energia, la determinazione. A diciassette anni è il più giovane editor del settore. È la politica del self-made man.
ANNI DI CREATIVITÀ
Lee è cresciuto secondo quei dettami. Sono anni di grande fermento. Il mercato del fantastico si amplia. La concorrenza si fa forte. Nuovi personaggi si affermano all'orizzonte e, con essi, nuove esigenze del pubblico. In un momento di crisi, Lee pensa di abbandonare il lavoro. Poi, quando DC Comics lancia Justice League of America, Goodman gli affida il compito di creare qualcosa di altrettanto coinvolgente. Vuole un successo. Lo avrà. E non sarà uno solo. Insieme al disegnatore Jack Kirby, idea I Fantastici Quattro. È il 1961. L'anno dopo, sempre con Kirby, crea Hulk. Non solo. Insieme a Steve Ditko, firma l'Uomo Ragno. È anche l'anno di Thor. Nel 1963, lancia Iron Man e gli X-Men, ancora con Kirby. E il Dottor Strange, con Ditko. Poi, arriva Daredevil, nel 64, con Bill Everett. E così via.
Nel frattempo regala una seconda giovinezza a creazioni di altri autori e decenni precedenti, come Captain America. In pochi anni, anima una vera rivoluzione. Crea supereroi complessi, non più personaggi monocorde perfetti per farsi allegoria della virtù, ma protagonisti più umani, anche con vizi. E ciò favorisce l'empatia. I supereroi si possono ancora ammirare ma non sono più qualcosa di altro dall'uomo. Hanno passioni, debolezze, malinconie. Sono veri. Ai personaggi regala pure una nuova voce, con gergo ad hoc. Ed è un successo su tutta la linea. La gente si riconosce nei personaggi, vive le avventure e soprattutto sogna ad occhi aperte, leggendo fumetto dopo fumetto.
LA COMUNITÀ
Lee conosce il potere della comunità, per questo ne crea una intorno a quel nuovo immaginario, non guardando più a semplici fan, ma mirando ad adepti, True Believers, come definisce i lettori affezionati. Tra i suoi ammiratori, Federico Fellini. Inventa nuovi metodi di lavoro. Trasforma il disegnatore in una sorta di collega sceneggiatore, in uno scambio di stimoli tra immagine e testo che gli causerà non pochi problemi nel riconoscimento dei meriti, in particolare con Kirby e con Ditko. Stan però non si ferma. Le sue storie portano The Comics Code Authority a rendere più elastiche le regole, dando nuovi margini alle trame. Nuove libertà. Negli anni, Lee è diventato un'icona. È apparso in cameo nei film sui personaggi Marvel - già negli anni '70 aveva intuito il potenziale dello schermo per i suoi fumetti - e non solo. Nel 2012 The Avengers totalizzano 1,5 miliardi di dollari di incassi. Nel 2017 ha fatto causa per frode agli executive di POW! Entertainment, ha denunciato il suo manager e chiesto un ordine di protezione da un uomo che gestiva i suoi affari.
IL BILANCIO
«Un tempo pensavo di non aver fatto nulla di importante - ha detto al Chicago Tribune nel 2014 - C'è gente che costruisce ponti e fa ricerca medica, mentre io scrivo storie di gente immaginaria, in maschera, che fa cose pazze e fuori dal comune. Ma sono arrivato a convincermi che anche l'entertainment non è cosa da poco». Negli ultimi mesi, l'eroe ha dovuto fare i conti con vari problemi di salute. Così, ieri, ha scritto la parola Fine sulla sua avventura. O come amava dire, «Nuff Said». Tanto vi basti.
Valeria Arnaldi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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