Il circolo virtuoso della cultura Dubini: più benessere sociale

Domenica 20 Gennaio 2019
Il circolo virtuoso della cultura Dubini: più benessere sociale
IL LIBRO
«Con la cultura non si mangia fu una provocatoria uscita di Giulio Tremonti, in realtà un po' elaborata poiché era una risposta al ministro Bondi, in epoca di crisi, che chiedeva risorse per la cultura e che suonava così: non è che la gente la cultura se la mangi. Con un'attenta e documentata analisi, Paola Dubini, docente in Bocconi, sviluppa un avvincente percorso volto a confutare questa tesi. Consapevole però che questo preconcetto e il suo perdurare nel tempo godono di alcune questioni ambigue tra le quali la stessa destinazione della cultura, per pochi o per tutti, che la rende effimera e sfuggente. Non certo in grado di nutrire. Il libro cerca, quindi, di dimostrare che con la cultura si mangia, ma anche a quali condizioni. Obiettivo, giustamente ambizioso, quello di far cambiare la prospettiva a chi lo legge e a fargli acquisire il senso del reale.
Ma prima di andare oltre, domandiamoci cosa si intende per cultura e produzione culturale. A tale produzione concorrono sia i settori propriamente culturali (cinema, radio, tv, digitale, musica, stampa, editoria) che i settori creativi (architettura, comunicazione, design). Insieme, contribuiscono all'economia del Paese, secondo l'ultima indagine Symbola-Unioncamere, con oltre 92 miliardi di euro di valore aggiunto e hanno un effetto moltiplicativo pari a 1,8 ossia ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori.
CULTURA & AZIENDALISMO
Quindi la cultura richiede attività aziendale e rende economicamente anche quando è sostenuta da contributi pubblici poiché estende i suoi benefici nell'ambiente circostante. Questo è dimostrato, tra l'altro, dalle indagini sui teatri lirici che hanno significative esternalità, dal turismo (ospitalità, ecc.) al monte salari e all'insieme di fornitori di beni e servizi che attivano nel territorio e non solo.
Vi è anche un altro aspetto da considerare, l'investimento in cultura aiuta a risparmiare su altro. Varie statistiche europee indicano una correlazione tra investimenti in cultura, scolarità e riduzione degli abbandoni scolastici, ma tali investimenti sono anche correlati alla salute, alla riduzione dei livelli di criminalità e all'aumento della qualità percepita della vita.
CULTURA & BENESSERE
Ma il testo va oltre al piano squisitamente economico quando sostiene che la cultura può operare processi di trasformazione sistematica quando da esercizio estetico diventa pratica, esercizio di benessere personale e collettivo come pratica etica e politica per tutti secondo gusto, sensibilità, curiosità intellettuale e capacità di ascolto. Se così non avviene, sostiene l'autrice, l'investimento in cultura va a beneficio di pochi eletti, creando barriere all'ingresso crescenti. L'investimento in cultura non è di per sé costoso purché sia fatto con continuità. E pensare che il nostro Paese brilla per la scarsità degli investimenti in cultura, solo lo 0,28% della spesa dello Stato nel 2017, una percentuale ridicola! Indubbiamente vi è una distribuzione asimmetrica dei compensi fra gli aventi diritto. Dalla Star, celebrata e ricca, al guardasala a tempo in un museo. Tutto dipende dai diversi comparti in cui si opera e dalla situazione economica della istituzione per la quale si lavora. Alcune vivono grazie ai salari risicati e all'opera dei volontari. Alla fin fine il messaggio è chiaro. La cultura crea ricchezza e lavoro con le disuguaglianze forse anche più elevate dell'epoca che stiamo vivendo!
Giorgio Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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