«I social? Non sono credibili»

Lunedì 23 Luglio 2018
INFORMAZIONE
Lette, commentante, condivise. Credute. O forse no, comunque diffuse. La confusione, è proprio il caso di dirlo, corre sul web. Tra notizie vere e bufale, informazione e disinformazione corrono in rete, soprattutto sui social network. Gli italiani ormai lo sanno bene. È l'87,24% a pensare che web e social media non offrono più opportunità di apprendere notizie credibili.
Il problema c'è dunque e si vede. Anzi, no. L'87,76% ritiene professionale l'informazione che circola in rete, quindi attendibile. Il 78,29% non sa riconoscere facilmente le fake news. E le percentuali salgono quando dalla singola notizia si passa a un sistema di notizie. Il 78,75% non è in grado di riconoscere un sito web di bufale. L'82,83% non sa identificare la pagina Facebook di un sito di bufale. Il 70,28% non sa distinguere un fake su Twitter.
A registrare questa vera e propria giungla che sono le modalità italiane di lettura e percezione delle notizie on line è il rapporto «Infosfera» sull'universo mediatico del Paese realizzato dal gruppo di ricerca sui mezzi di comunicazione di massa dell'Università Suor Orsola Benincasa guidato da Umberto Costantini ed Eugenio Iorio. Gli esiti della ricerca, realizzata con Centro Studi Democrazie Digitali, Associazione Italiana della Comunicazione pubblica e istituzionale, Fondazione Italiani e Studio Saavedra, su un campione superiore ai 1.500 cittadini italiani, sono allarmanti.
RETE MANIPOLABILE
Per il 93,22% degli italiani le fake news hanno impatto nella vita delle persone. Solo per il 42,17% però sono la prova che la rete è manipolabile. E nonostante i dubbi di molti sull'attendibilità delle notizie on line, gli italiani manifestano una vera e propria dipendenza dal web. Il 42,37% dei connazionali è connesso quotidianamente minimo 4 ore al giorno. E, se l'età di riferimento si abbassa, si alza il numero di ore: il 73,85% della generazione Z si connette 4 ore al giorno o più. Inoltre, il 25,26% degli italiani controlla costantemente i social.
«È innegabile che si tratti di dati inquietanti - dice Iorio - perché in una infosfera così configurata i cittadini/utenti, sprovvisti dei più elementari strumenti di analisi e di critica della realtà e privi di qualsiasi strumento di difesa, tendono ad avere una visione distorta della realtà, una visione sempre più prossima a quella desiderata dai manipolatori delle loro capacità cognitive». Tanta attenzione al web, infatti, ha conseguenza dirette sulla salute degli internauti - insonnia, 16,84%; dimenticanza, 9,93%; stati d'ansia, 8,68%, nonché dolori di stomaco e mal di testa, 8,36% - e pure sulle loro conoscenze e sulla capacità di valutare fatti e momento.
INFO E DEMOCRAZIA
Per il 96,61% il sistema di informazione non è la dimostrazione che la democrazia italiana è in salute e per il 98,75% non è la dimostrazione che la democrazia italiana è debole. Inoltre, per il 77,30% le fake news non indeboliscono la democrazia. Democrazia e informazione dunque non vengono messi in relazione. E così le bufale corrono sul web, diventando spesso virali, specie quando sono politiche. Laura Boldrini avrebbe accusato gli italiani di essere «capaci solo di lamentarsi». Matteo Renzi avrebbe detto che i migranti sono migliori. Cécile Kyenge di voler trasformare tutte le chiese cristiane in moschee. E così via, di nome in nome, di argomento caldo in argomento caldo. Tutte bufale certificate dai cacciatori di fake news, come David Puente, ma comunque diffuse in rete. E non di rado si tratta di strategie mirate per screditare personaggi, accendere gli animi, manipolare l'opinione pubblica.
L'uso di app social e di messaggistica è quasi unanime anche tra i politici italiani per consultare e condividere notizie, secondo quanto emerge da un'altra ricerca, Informazione e social media secondo i policymaker, di Quorum/YouTrend e Cattaneo Zanetto & Co, condotta su 94 tra deputati e senatori di tutti i gruppi politici. Gli eletti Pd e FI preferiscono Twitter; Lega e M5S Facebook e, per la messaggistica, Telegram.
Il problema delle fake news però non è trascurato. Il 100% degli intervistati Pd chiede a editori e giornalisti di darsi da fare sul tema. Il 92% lo domanda anche ai grandi player tecnologici, come Facebook e Google. Il 70% estende la richiesta a governo e Parlamento. Solo il 42% degli eletti di Lega e M5S ritiene che sarebbe necessario un intervento politico o regolatorio. Il 96% degli intervistati Pd crede che le bufale favoriscano tendenze populiste. La percentuale sale al 98% per FI. Precipita al 4% con M5S e Lega.
Il fenomeno non è soltanto italiano. Una ricerca di ComRes/Burson-Marsteller, su europarlamentari, membri di staff di istituzioni europee e opinion-formers, rivela che Twitter è il prediletto da chi si muove nella politica in Europa. E gli over 65 considerano Facebook più influente di testate come New York Times e Wall Street Journal.
Valeria Arnaldi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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