Falle informatiche, scatta l'indagine

Giovedì 21 Marzo 2019
Falle informatiche, scatta l'indagine
IL CASO
UDINE Informatica croce e delizia. Più croce, a ben vedere, in casa Regione, di questi tempi. A cominciare dalle mancate disattivazioni, che avrebbero riguardato tre assessorati e che hanno fatto scattare «un'indagine interna», come conferma l'assessore Sebastiano Callari.
POLIZIA POSTALE
Tutto è partito dall'assessorato alle Infrastrutture. Come spiega l'assessore Graziano Pizzimenti, «stamattina (ieri ndr) alle 9 sono stato alla Polizia postale di Trieste a fare una denuncia verso ignoti, dopo che mi sono accorto che qualcuno, non autorizzato, era entrato nella mia casella postale e aveva spedito un'e-mail, firmata con una sigla. È una casella istituzionale. Non è che tutti possano vedere e fare.... Quindi, onde evitare problemi, ho fatto una denuncia contro ignoti, per capire se qualcuno è entrato per caso o se la cosa è stata sistematica o se è stato un accesso fortuito. Io non accuso nessuno. Ho fatto una denuncia generica: poi, vedrà la Polizia postale se è stato un accesso occasionale e sporadico e chi sia stato. Certamente, una cosa non bella quella che mi è capitata. Dalle verifiche, è risultato che gli Ipad collegati erano due».
L'EX ASSESSORE
Nel pomeriggio, è arrivata una nota dell'ex assessore alle Infrastrutture (e oggi consigliera regionale del Pd) Mariagrazia Santoro: «Nessuna infiltrazione nel sistema informatico dell'assessorato. Credo si sia trattato di un buco del sistema di disattivazione degli account da parte del gestore informatico», ha detto, chiarendo la sua posizione. «Quando è cessato l'incarico di assessore regionale, l'amministrazione ha disattivato gli accessi alle mail dell'assessorato in tutti i computer a mia disposizione, mantenendo solo l'accesso all'indirizzo mail istituzionale, dove normalmente arrivano le comunicazioni quale consigliere regionale e vicepresidente della IV commissione», ha dichiarato Santoro. Per questo, «in perfetta buona fede, ho ritenuto che fosse stato disattivato anche sull'Ipad che avevo ancora a disposizione. Solo per un caso, una decina di giorni fa, mi sono accorta che, invece, nonostante le rassicurazioni, l'Ipad risultava ancora connesso e scaricava la posta elettronica dell'assessorato. Sono dispiaciuta per quanto accaduto, ma non posso che ribadire piena buona fede, nessun consapevole accesso o utilizzo di informazioni, tanto meno infiltrazioni nel sistema informatico. Sono ovviamente a disposizione per qualunque chiarimento si rendesse necessario». Santoro tiene a chiarire che «ho disconnesso immediatamente il dispositivo e restituito l'Ipad martedì della scorsa settimana. Sono rimasta molto sorpresa».
L'INDAGINE INTERNA
«In seguito alla segnalazione di Pizzimenti - fa sapere Callari - è partita un'indagine interna, che ha consentito di verificare che oltre al dispositivo di Santoro era rimasto attivo anche il dispositivo di un'altra persona che faceva parte della sua segreteria. Adesso è partita l'indagine interna che andrà a verificare tutti i collegamenti e se ci sono stati o meno accessi. Le verifiche hanno riguardato anche altri assessorati che avevano dispositivi, che erano stati connessi a suo tempo e poi non erano stati esclusi». Come fa sapere Callari, i casi rilevati avrebbero riguardato anche altri due assessorati, «quello alla Cultura e, inizialmente, mi avevano detto anche la Funzione pubblica, ma visto che in passato questo assessorato non esisteva, dev'essere l'assessorato alle Autonomie locali. C'erano dei dispositivi ancora connessi, che abbiamo eliminato».
I SITI VIETATI
Intanto Callari, dopo il polverone polemico seguito al black out dei social per i 3.700 dipendenti regionali, durato neanche 24 ore qualche giorno fa (l'assessore allora aveva parlato di un incidente di percorso, chiuso da un rapido dietrofront), si sta anche occupando delle possibilità di navigazione degli impiegati. «Una cosa che esiste già da tempo in altre amministrazioni, che hanno applicato la norma Brunetta del 2009. Se mi si chiede perché qui non è stato fatto, penso si debba a scelte politiche, probabilmente. Dopo dieci anni, sui social si dovrà fare un altro ragionamento. Non c'è la volontà di chiuderli: stiamo facendo una valutazione e vedendo quali siti non hanno senso. Per esempio, abbiamo scoperto che erano aperti anche dei siti di e-commerce e li abbiamo chiusi. In teoria, un dipendente avrebbe potuto comprare qualcosa on line, anche se non sappiamo se sia stato fatto. Su tutti gli altri siti ci stiamo ragionando». Perché «anche gli uffici di comunicazione e quelli politici possono trarre informazioni dai social, che possono essere utili per ragioni di lavoro. Stiamo ragionando sull'opportunità di chiuderli o meno. Farlo per impedire agli scansafatiche di andarli a vedere sarebbe inutile, perché lo scansafatiche ha comunque in uso uno smartphone... ».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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