Bimbi difficili, emergenza in corsia

Sabato 23 Febbraio 2019
Bimbi difficili, emergenza in corsia
IL CASO
UDINE Sono sempre più numerosi i casi di adolescenti in crisi o ragazzini in stato di agitazione per i motivi più diversi, che, dopo un episodio magari più intenso, finiscono nelle corsie dei reparti delle Pediatrie del Friuli Venezia Giulia, che non sempre sono attrezzate per questo, perché mancano gli strumenti, che si parli di sorveglianza notturna o di personale appositamente formato. Lo dicono gli addetti ai lavori, lo ribadisce il presidente dell'Ordine degli psicologi della provincia di Udine, Roberto Calvani, che parla chiaramente di «un problema molto grosso», ma annuncia anche che la Regione sta mettendo mano a questa delicatissima matassa per trovarne un bandolo. Anche non molti giorni fa si è verificato un caso che ha coinvolto un ragazzino - di cui non riferiremo per tutelare il minore e non metterlo sotto i riflettori mediatici -, che ha riportato d'attualità la questione e che ha visto la mobilitazione di volontari e operatori di più associazioni durante la sua permanenza in ospedale. Ma è solo la punta dell'iceberg.
GLI PSICOLOGI
Come ricorda Calvani, l'unica struttura pubblica deputata - nel settore della neuropsichiatria infantile - con un reparto dedicato per accogliere questi minori difficili, anche per ricoveri, è quello del Burlo Garofolo di Trieste. Ma, lo sa anche lui, sono diversi i casi che finiscono nei reparti pediatrici della nostra provincia e non solo. «Si tratta di un problema molto grosso per le Pediatrie, che abbiamo già evidenziato. Investe tutto il Friuli Venezia Giulia e nasce dal fatto che la nostra è una delle poche regioni in Italia in cui non esiste ancora un sistema di accreditamento di comunità per minori con questi problemi, per cui, non avendo dei centri che riescano ad accogliere dei minori in difficoltà e in crisi, siamo costretti a rivolgerci fuori regione, a cifre che arrivano anche a 250-400 euro al giorno». E per fuori regione, Calvani intende «in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, nelle Marche...». E non è certo solo un problema di soldi. «Alle volte questi minori che finiscono nelle pediatrie hanno problemi di natura strettamente sanitaria. Ma alle volte, quando non c'è una vera e propria malattia organica, si crea anche un problema - prosegue Calvani - di ricoveri impropri in strutture ospedaliere che dovrebbero essere deputate alla cura dell'acuzie e delle urgenze con rapida dimissione. A parte i costi, si crea una questione di priorità sanitaria: se ho un posto letto e lo uso per un bambino che non ha male, limito l'accesso ad un bambino che è malato».
LA REGIONE
A Udine già qualcosa si sta muovendo, visto che «i neuropsichiatri stanno facendo un intervento di consulenza all'ospedale di Udine: vengono chiamati in pediatria e fanno anche 8-10 ore per la valutazione e la diagnosi, tre volte alla settimana». Ma serve un passo in più, secondo Calvani. «Ho contezza - fa sapere - che la Regione si sta interessando a questo problema, tanto che in teoria dovrebbe essere pronto a giugno un documento che individuerà i criteri di accreditamento per strutture private residenziali per minori. Senza criteri, infatti, nessun centro può dire: io accolgo minori. La scorsa settimana, come Ordine, abbiamo incontrato i funzionari della Regione per offrire un piccolo contributo alla redazione di tali criteri».
GLI OPERATORI
Ad auspicare un cambio di passo sono anche le associazioni, che spesso si trovano ad avere a che fare con i minori. «È abbastanza consueto che si chieda alle comunità che lavorano con i minori di fare una copertura con proprio personale all'interno delle strutture sanitarie, anche se non è previsto dalla norma. È un nodo che deve risolvere la sanità pubblica», dice Paolo Zenarolla (Caritas). E la Regione si sta già attrezzando.
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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