IL CASO
TREVISO Anche il bilancio previsionale 2018 di Fondazione Cassamarca

Giovedì 18 Ottobre 2018
IL CASO
TREVISO Anche il bilancio previsionale 2018 di Fondazione Cassamarca chiuderà in negativo. Sarà un altro rosso, di entità da definire. Non sarà niente di così drammatico come il consuntivo 2107 approvato a maggio, archiviato con 53 milioni e 296mila euro di disavanzo, ma pur sempre un passivo che si aggiunge alla collezione messa assieme negli ultimi anni.
CONTROLLI
A Ca' Spineda stanno facendo gli ultimi conti per presentare il documento finanziario entro il 31 ottobre, quando verrà valutato e discusso nel Consiglio d'Indirizzo. E sarà l'ultimo bilancio dell'era Dino De Poli, iniziata nello splendore dei primi anni Novanta, proseguita nei fasti dei primi anni Duemila ma arrivata a conclusione tormentata da una crisi inarrestabile che continua a colpire. Negli uffici nessuno si sorprende, non dopo aver visto il bilancio, consuntivo, del 2017 quando sono stati iscritti i valori reali degli immobili calcolati a prezzo di mercato e, soprattutto, il valore reale delle azioni Unicredit, sempre segnate a pieno valore (come del resto consentiva la legge) anche negli anni di massima svalutazione. Insomma quei 53 milioni di euro di passivo vengono visti adesso come una base di partenza, rappresentano il lavoro di pulizia portato avanti dal Consiglio che adesso vedrà i primi frutti nel previsionale 2018, formato seguendo le indicazioni di revisori dei conti, sindaci, ministero: un bilancio sotto tutela, inserito nella programmazione triennale concordata con il Mef, ma che ancora non segna l'uscita dal tunnel.
L'ANDAMENTO
Il prossimo bilancio si inserisce in un periodo che definire nero è limitativo. Dal 2009 al 2017 sono stati solo quattro gli esercizi, consuntivi, chiusi con un segno positivo. Proprio il 2009 è stato l'ultimo degli anni d'oro, quando ancora Unicredit garantiva non meno di 25 milioni di euro all'anno di dividendi e Fondazione poteva programmare operazioni di primo piano come il recupero del Teatro comunale, l'Università o la realizzazione di un interno quartiere nel cuore del centro storico. Il consuntivo 2009 segnava infatti 23 milioni e 836mila euro di avanzo. Ma è stata l'ultima volta. Nel 2010 la crisi delle banche ha travolto anche Unicredit, che ha chiuso i rubinetti. E sono iniziati i dolori. Il consuntivo di quell'anno ha chiuso ancora in territorio positivo ma per soli 6,5 milioni di euro. Il tracollo è arrivato nel 2011 quando, per la prima volta, in un bilancio di Fondazione è comparso il segno meno: 5,4 milioni di passivo. Poi è stato un continuo tentativo di mantenersi in linea di galleggiamento a forza di tagli, operazioni finanziarie, cessioni immobiliari. Il tutto aggravato dai costi accumulati per costruite la cittadella delle Istituzioni dell'Appiani, che ha pesato a lungo sulle finanze con i suoi 200 milioni di euro da restituire a Unicredit, debito poi ristrutturato con un'abile operazione condotta dall'avvocato Luigi Garofalo e dall'amministratore unico di Appiani 1 Piero Semenzato. Ma questo non ha cambiato di molto la situazione.
IL CROLLO
Nel 2012 il consuntivo segna una risalita con 2,9 milioni di attivo. Ma è un'illusione: nel 2013 altro pesantissimo colpo con un meno 10,9 milioni dovuto alla svalutazione degli immobili. Seguono due anni di sostanziale pareggio: 893mila euro di attivo nel 2014, 59.628 di passivo (praticamente niente) nel 2015. Poi i due anni terribili: meno 6,4 milioni nel 2016, rosso che ha convinto il Ministero a intervenire, e il record di meno 53 milioni del 2017, deficit però controllato. In pratica l'anno zero da cui ripartire.
Paolo Calia
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