I MOTIVI
TREVISO Quella famiglia non rappresentava più il posto adatto per

Martedì 18 Dicembre 2018
I MOTIVI
TREVISO Quella famiglia non rappresentava più il posto adatto per la bambina. È questa, in sintesi, la motivazione che ha spinto il tutore, i servizi sociali del Comune di residenza della piccola e l'Usl della Marca a spostare la bambina di nove anni in una struttura dopo quasi sette anni di affido. «Chi affronta l'esperienza dell'affido sa che non ha mai un carattere definitivo, ma è sempre un'esperienza temporanea. Nella vita dei minori ci sono momenti diversi da cui scaturiscono esigenze diverse spiega George Louis Del Re, responsabile dell'unità Infanzia, adolescenza, famiglia e consultori del distretto socio-sanitario di Pieve di Soligo, specificando di non voler in alcun modo entrare nei dettagli del caso ma non si tratta affatto di una bocciatura della famiglia affidataria. Anzi, potremmo continuare a collaborare anche dopo la chiusura di questa esperienza».
«MASSIMA TRASPARENZA»
Sembrano due prese di posizione in contrasto tra loro: da una parte, nonostante in quasi sette anni si fosse sviluppata una vera e propria rete familiare, quel luogo non era più adatto per la bambina in questione, dall'altra può ancora andar bene per accogliere altri piccoli in affido. Per l'Usl della Marca, però, le due cose non si escludono a vicenda. L'azienda sanitaria, dal canto suo, sottolinea come ogni decisione sia stata presa con la massima trasparenza. «Sono state seguite tutte le procedure previste. La famiglia era stata preavvisata e sono state spiegate le motivazioni assicura Del Re l'iter non è stato straordinario e ha rispettato tutti i tempi e tutte le norme». Il tutore legale della bambina è esterno alla famiglia che l'ha tenuta in affido per tutto questo tempo. È stato lui a intervenire facendo valere il proprio ruolo.
LA VALUTAZIONE
In queste situazioni, la competenza diretta sul caso è dei servizi sociali del Comune di residenza della piccola. Con l'Usl che offre la propria collaborazione per quanto riguarda i servizi specialistici. «Le valutazioni sono sempre condivise tra il tutore, i servizi sociali del municipio e l'azienda sanitaria evidenzia il direttore del servizio qui si è ritenuto utile per la bambina cambiare situazione. Tutti e tre questi soggetti hanno spiegato alla famiglia le motivazioni che hanno portato a questa scelta». Certo, nessuno aveva messo in conto una vera e propria mobilitazione popolare. Non ci si aspettava che decine di cittadini, compresi alcuni sacerdoti, si schierassero accanto alla stessa famiglia affidataria contro la decisione di trasferire la piccola in un'altra struttura. Nessuno lo dice in modo ufficiale, ma gli addetti ai lavori dell'Usl sono convinti che tutto questo trambusto faccia solo del male alla bambina.
I TRE MOTIVI
Sono essenzialmente tre i motivi che possono interrompere un affido: quando c'è un recupero della famiglia d'origine che consente il rientro del minore nel proprio nucleo originario; quando il recupero della famiglia d'origine, al contrario, non è più possibile, e a quel punto se ci sono le condizioni per il minore si apre il percorso che porta all'adozione; quando per condizioni specifiche che possono essere legate ai bisogni evolutivi del minore stesso o alle caratteristiche della famiglia affidataria si rende necessario un cambiamento. Il caso della bambina di nove anni rientra proprio in quest'ultima situazione. «Non è un giudizio negativo sulla famiglia - tira le fila Del Re - c'era semplicemente la necessità di avere delle risposte di tipo diverso».
Mauro Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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