Accoltellato alla gola: tutto inventato

Mercoledì 17 Ottobre 2018
L'INCHIESTA
TREVISO Erano quasi le due del mattino quando al 118 arriva una chiamata di soccorso: «Venite, fate presto, c'è una persona ferita con un coltello piantato in gola». Steso a terra sotto un cespuglio nei giardini pubblici di Porta Fra' Giocondo ai piedi della mura, c'è Pietro Camatta, un 18enne studente dell'Istituto Turazza di Treviso. È quasi incosciente e affondata nel collo ha una lama da dieci centimetri di un coltello da cucina Ikea che gli ha trafitto esofago e trachea. «Mi hanno aggredito - dice con il filo di voce che gli è rimasta mentre entra al Ca' Foncello dove viene sottoposto d'urgenza ad un delicato intervento chirurgico - erano due italiani e uno straniero di colore». Ma la storia di quell'accoltellamento brutale accaduto il 3 agosto scorso se la era in realtà totalmente inventata. Le indagini coordinate dal sostituto procuratore Davide Romanelli hanno infatti portato ad un diversa, e clamorosa, verità: sarebbe stato infatti lo stesso Camatta a conficcarsi il coltello nella gola.
SOTTO INDAGINE
E da vittima è diventato un indagato: il giovane è infatti ora accusato dalla Procura di simulazione di reato. Per ora resta il mistero sul perché di quel gesto. Durante l'interrogatorio che si è svolto nei giorni scorsi, Pietro Camatta si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere. «Sta bene, è tornato a scuola e ha ritrovato serenità e tranquillità» ha detto ieri il papa. Ma agli inquirenti il ragazzo dovrà adesso dare delle risposte spiegando perché abbia raccontato di quella finta aggressione, svelando così le vere ragioni di un gesto che avrebbe potuto risultargli fatale: qualche centimetro più in là e la lama poteva squarciargli la carotide portandolo a morte certa. Forse, ipotizzano gli investigatori, potrebbe essersi trattato di un atto di autolesionismo, magari il desiderio di attirare su di sé le attenzioni della famiglia e degli amici da parte di un ragazzo che in passato avrebbe sofferto anche di una forma di depressione.
IL CLAMORE
La vicenda aveva suscitato grande clamore durante la scorsa estate. Si era trattato infatti della seconda aggressione violenta nel breve arco di 24 ore avvenuta in città. Sempre lungo le mura la sera prima, questa volta all'altezza di Varco Caccianiga, un ventenne gambiano era rimasto vittima di una aggressione insieme ad altri due connazionali da parte di un gruppo di afgani. Sulla vicenda di Camatta la Procura aveva inizialmente aperto un fascicolo di indagine a carico di ignoti con l'ipotesi di reato di tentato omicidio. Erano stati sentiti molti amici del 18enne ma non erano emersi riscontri significativi soprattutto in merito a sospetti rapporti pericolosi che Pietro avrebbe intrattenuto con qualcuno che magari aveva poi messo in atto un vero e proprio regolamento di conti. Quando il 18enne, uscito dalla prognosi riservata, è stato ascoltato dagli inquirenti sono invece emersi dubbi sulla sua versione dei fatti e contraddizioni nel racconto. Incongruenze che hanno di fatto smontato un pezzo alla volta la tesi del gesto violento ai danni di Pietro Camatta, che solo tre settimane prima era stato in effetti rapinato - lungo la Riviera - da un gruppetto di stranieri che, minacciandolo con un coltello, gli avevano portato via la bicicletta.
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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