LA STRUTTURA
ROVIGO Si fa presto a dire Censer. La questione è molto complessa,

Martedì 22 Gennaio 2019
LA STRUTTURA ROVIGO Si fa presto a dire Censer. La questione è molto complessa,
LA STRUTTURA
ROVIGO Si fa presto a dire Censer. La questione è molto complessa, a partire da ciò che vorrebbe dire trasformarlo, con costi e tempi non da poco, se mai lo si volesse fare. Non si sta parlando, infatti, di immobili già pensati per essere uffici, ma di enormi capannoni vuoti, tra l'altro con soffitti alti e per esempio costerebbe un'enormità riscaldarli tutti i giorni, tanto per accennare a una delle spese di gestione. Gli aspetti che entrano in gioco sono tanti.
Se poi non si guardasse alla parte fieristica, ma al cubo universitario (dove si trovano i corsi dell'università di Padova), questo sarebbe comunque insufficiente ed è stato costruito per avere aule di istruzione, dunque risulterebbe avere uffici anche troppo grandi, a meno di non riadattare la struttura, con costi evidenti. Lo stesso dicasi, sempre in ambito universitario, per la Riccoboni di viale Marconi, che ospita i corsi dell'ateneo di Ferrara.
I DUBBI
L'amministratore unico del Censer, Giuseppe Toffoli, è perplesso di fronte all'idea avanzata dal presidente del Tribunale, Angelo Risi, di portare la giustizia al Censer, per quanto detto finora e altro. «Il Tribunale ha bisogno di locali adibiti a questo scopo. Il Censer certamente ha spazi, ma sarebbe tutto da attrezzare, con spese ragguardevoli. Così c'è il problema: chi pagherebbe? E poi: per andare in proprietà o in affitto? Si ha l'impressione che si avanzi una ipotesi senza che nulla sia stato valutato appieno. So che ne hanno discusso solo tra istituzioni al tavolo della prefettura in un paio di riunioni».
Ricordando il citato capitolo costi, se si considera che l'ex Banca d'Italia di via Mazzini, di proprietà del Comune, non ha più avuto fondi dal ministero della Giustizia per vedere completato il recupero e ospitare la Procura, si potrebbe pensaree che spese anche di molto maggiori non verrebbero affrontate per una trasformazione del Censer.
Toffoli aggiunge altri punti. «Il Censer è una società prevalentemente pubblica, con finalità conseguenti. Per questo in passato ha ospitato il laboratorio di ricerca anche se non era remunerativo, ma era per puntare a uno sviluppo del territorio, sacrificando i conti. L'interesse è il beneficio per la comunità e lo spostamento del tribunale andrebbe valutato sia per i costi, che in questa ottica: va considerato l'impatto economico e più in generale, quello sul territorio. Servirebbe un'analisi di benefici e costi: la giustizia potrebbe avere dei benefici accorpando gli uffici, ma a quali costi per la collettività?».
L'area fieristica, pensata quasi trenta anni fa recuperando l'ex zuccherificio di viale Porta Adige, con anni e anni di lavori, e molti miliardi di lire arrivati dall'Europa soprattutto, è nata per essere la vetrina economica del Polesine. Usarla come cittadella della giustizia vorrebbe dire snaturare il progetto. Cosa ne pensa?
«Vero, non ci sarebbe più tale vetrina, però è altrettanto vero che intanto il mondo è cambiato - risponde l'amministratore del Censer - con internet proprio questo mondo si è avvicinato e tutto va ripensato in questi termini. Il Censer è ancora una vetrina, ma vorremmo che fosse l'avamposto dello sviluppo del territorio, il luogo che riunisce le risorse e le competenze per questo obiettivo. In tale direzione, serve il contributo di tutti, con gli enti e le realtà economiche in rete».
IDEA FRAGILE
Toffoli ricorda che il suo ruolo è quello di amministratore, dunque si atterrà alle eventuali decisioni prese dall'assemblea dei soci, che sono Provincia, Comune di Rovigo, Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, Cassa di risparmio del Veneto, Camera di commercio di Venezia e Rovigo, e Unindustria. Detto ciò, conclude ribadendo che «ove tale ipotesi diventasse qualcosa di più concreto, bisognerebbe affidare a esperti una valutazione dell'impatto di tale scelta sul territorio. Non dimentichiamo che in centro vi sono tanti immobili dismessi e così sarebbero ancora di più. Non è detto che sia la soluzione migliore».
Luca Gigli
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