Sbarchi, stretta di Salvini sugli approdi delle Ong

Domenica 10 Giugno 2018
IL CASO
ROMA Chiudere i porti alle navi delle ong è una scelta difficile, perché per farlo l'Italia dovrebbe uscire da importanti convenzioni internazionali, alcune delle quali (come quelle sulle aree di salvataggio) vantaggiose anche dal punto di vista economico. Ma tra i tanti punti collegati al tema dell'immigrazione che Matteo Salvini vuole toccare nella sua carriera da ministro dell'Interno, uno è certamente dedicato a raffreddare i rapporti di collaborazione tra governo e ong. Modificando il codice Minniti, facendo pressione sulle navi che si spingono ai limiti delle acque libiche e obbligando i naviganti a spostarsi in porti più difficili da raggiungere. Ieri, il primo arrivo di migranti dell'era giallo verde ha rinfocolato la polemica con Malta. Il comandante della Seefuchs, poi indirizzato a Pozzallo, ha raccontato che la nave aveva problemi di navigazione ed ha chiesto sostegno a La Valletta, che si è offerta di aiutarli solo in mare, rifiutando l'attracco. Una versione confermata dalla Sea watch 3, che ha affiancato i tedeschi e si è poi diretta a Reggio Calabria con 232 migranti.
UN DOSSIER SULLE ONG
Il primo passaggio sarà un dossier o una forma di denuncia per le organizzazioni umanitarie che nei fatti non hanno rispettato il codice del precedente titolare del Viminale, avvicinandosi alle acque affidate al controllo della Libia o a quelle territoriali. La Libia non ha ancora una vera e propria area Sar di sua competenza, sebbene abbia avviato ufficialmente le procedure un anno fa. Nel codice Minniti, però, si diceva che anche al di là dell'esistenza di un'area Sar (o del riconoscimento di quelli libici come porti sicuri anche questo in itinere) le navi umanitarie avrebbero dovuto cooperare con la Libia e con le sue motovedette. Nella pratica non è andata così per molti motivi, a cominciare dal fatto che in più di un'occasione i migranti si sono gettati in mare all'arrivo delle motovedette libiche. L'idea di Salvini è modificare il codice in modo che sia più facile per il governo sanzionare le ong che non cooperano con Tripoli. Ad esempio, facendole attraccare non nel porto più vicino al salvataggio ma obbligandole a lunghe navigazioni, come, per un certo periodo fece lo stesso Minniti (con costanti tensioni con il ministro Graziano Del Rio, visto che la Guardia costiera risponde al titolare dei trasporti). Salvini ha accennato qualcosa nella diretta su Facebook di ieri pomeriggio sui primi sette giorni da ministro, scegliendo sempre toni molto duri: «Stiamo scannerizzando una per una le navi delle Ong e qualche cosa abbiamo scoperto. Navi spagnole, inglesi, tedesche che girano per il Mediterraneo, arrivano davanti a Malta che gli fa ciao ciao non le fa attraccare e allora vengono a fare i loro comodi in Italia. Sappiano che ora il ministro e il governo sono cambiati, io non starò a guardare. In una settimana abbiamo già fatto capire che la musica è cambiata, ridurremo i costi dell'accoglienza».
IL FRONTE LIBIA
Più complicata da realizzare è la strategia di lungo periodo che, per funzionare, ancora una volta si basa sull'intesa con la Libia. Il governo di Serraj è in grande difficoltà, al punto che le motovedette libiche a corto di gasolio vengono alimentate grazie all'intervento italiano. Tra tutte le dichiarazioni fatte dal ministro, i tecnici spiegano che quella più pesante sul piano politico è l'appello alla Nato lanciato due giorni fa perché intervenga nel Mediterraneo. Salvini vuole spingere gli alleati a prendere in carico il caso Libia, anche facendo sponda con la Germania, visto che Angela Merkel è l'unico leader europeo ad essere intervenuto pubblicamente dicendo che l'Italia è stata «lasciata sola»ad affrontare il problema arrivi. Soprattutto nei mesi che hanno portato alla nascita del nuovo governo, la Francia ha guadagnato posizioni in Libia mentre per l'Italia è fondamentale non avere comprimari. Gli altri temi, come ha ripetuto più volte potrebbero essere le procedure accelerate di respingimento, già previsti da una direttiva europea e la modifica delle forme di assistenza umanitaria che, nel nostro paese, affianca al vero e proprio asilo, la protezione. I numeri delle domande accolte sono bassi: nel 2017 a ricevere la protezione sussidiaria sono state 6.880 persone (6827 sono rifugiati).
Sa. Men.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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