Mossa di De Luca: anche noi autonomi E Fico avverte: coinvolgere le Camere

Sabato 16 Febbraio 2019
LE PROTESTE
VENEZIA Le fibrillazioni sull'autonomia richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, sembrano aver contagiato non solo le Regioni del Sud, con il governatore campano Vincenzo De Luca come portabandiera. A far sentire la propria preoccupazione sono anche il mondo della scuola, e i Comuni, timorosi di un centralismo delle Regioni a lodo danno. A questi mondi si è rivolta il ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani, parlando di «allarmismo infondato», mentre il presidente della Camera Roberto Fico ha fatto sapere che il Parlamento sarà coinvolto in pieno, in forme ancora da definire.
Stefani, che si è detta «determinata ad andare avanti» con l'autonomia regionale, ha detto anche che «ogni allarmismo è del tutto infondato», e che saranno assicurati «i livelli essenziali delle prestazioni e dei bisogni di tutti i territori». Parole che non sembrano però rassicurare. Per la prima volta a memoria d'uomo tutti i sindacati della scuola, dai confederali ai Cobas, hanno sottoscritto un documento comune che esprime «il più netto dissenso» sull'autonomia «che pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale»: Veneto e Lombardia chiedono infatti la competenza non solo sull'organizzazione scolastica ma anche sulle «norme generali sull'istruzione».
I SINDACI
C'è poi il fronte dei sindaci, con l'Anci e il suo presidente Antonio Decaro che invita a evitare un nuovo centralismo da parte delle Regioni: l'organizzazione degli Enti territoriali diverrebbe competenza esclusiva delle Regioni. «Questa autonomia è avvolta in un mistero - ha detto il sindaco di Milano Giuseppe Sala - quindi il mio appello è fermatevi e discutiamo. Chiarite agli italiani di cosa si sta parlando. Sto facendo in modo che Milano in questa fase venga tutelata».
LA LETTERINA
Altre grida di dolore giungono dal Sud. Il governatore della Sicilia Nello Musumeci ha chiesto al premier Giuseppe Conte di garantire «il principio di solidarietà» tra le Regioni.
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha invece alzato la posta: ieri ha annunciato la richiesta al Governo di associare anche la sua Regione al percorso che sta conducendo alle intese con Veneto, Lombardia e Emilia. In realtà tra il governatore De Luca e il ministro Stefani c'è stato un battibecco a distanza. De Luca, infatti, ha accusato il Governo di non aver risposto a una sua istanza: «Abbiamo chiesto un mese fa di essere associati alla discussione che riguarda Veneto, Lombardia ed Emilia. Non abbiamo ricevuto risposte e formalizziamo oggi la richiesta di autonomia differenziata anche per la Campania». Immediata la replica ministero per gli Affari regionali e le autonomie: «Dalla regione Campania risulta agli atti una richiesta del febbraio 2018, nella precedente legislatura, che non precisa gli ambiti e le materie per cui attivare la richiesta». E in effetti una lettera di De Luca indirizzata Al Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri On. Paolo Gentiloni c'è - come si può vedere nella foto a lato - ma sono solo tre righe: Ti comunico formalmente la richiesta di apertura di un tavolo per discutere bilateralmente o nell'ambito della Conferenza delle Regioni la rinegoziazione di 23 competenze della Regione e del relativo riparto di risorse. Tre righe secche. Il Veneto, per aprire la trattativa, aveva spedito a Roma interi faldoni di carte, compresa la dettagliatissima proposta di legge statale di iniziativa regionale varata dopo il referendum del 22 ottobre 2017.
Tant'è, il Dipartimento degli affari regionali ha precisato che oltre alle 8 regioni che hanno richiesto formalmente di attivare la procedura - Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche - «non risulta nessun'altra richiesta».
IL PARLAMENTO
Intanto, dopo che giovedì il ministro Riccardo Fraccaro aveva assicurato che le tre Intese «verranno vagliate dalle Camere che saranno coinvolte in modo adeguato nell'iter di approvazione», il presidente della Camera Roberto Fico ha annunciato non solo il coinvolgimento del Parlamento ma che esso avrà «un ruolo centrale». Insomma non un sì o un no, come era stato paventato. Trattandosi di qualcosa senza precedenti e senza una norma di riferimento, le procedure saranno concordate tra Camera e Senato. In ogni caso la parlamentarizzazione, sottolinea il presidente della Commissione affari costituzionali, Giuseppe Brescia, consentirà di aprire un dibattito pubblico: «Non nascondiamoci: siamo di fronte a una riforma costituzionale mascherata» conclude Brescia.
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