Il paradosso del popolo che guida i suoi leader

Venerdì 19 Ottobre 2018
Alessandro Campi

Il decreto del governo sulla pace fiscale ha dunque fatto scoppiare una guerra politico-mediatica. Con Di Maio convinto che una mano anonima e maligna abbia inserito nel testo inviato al Quirinale misure e provvedimenti non concordati tra Lega e M5S. Da un lato si tratta di una vicenda a dir poco bizzarra, visto anche il susseguirsi di accuse velate e smentite ufficiali che rende quasi impossibile capire cosa sia effettivamente accaduto. Dall'altro si tratta di un episodio altamente istruttivo per le molte cose che ci fa capire. Sulla cultura politica e la forma mentis che sono proprie del grillismo. Ma anche sulla natura e l'azione dell'esecutivo giallo-verde. Proviamo a spiegarci in modo schematico.
1. La clamorosa sortita di Di Maio, prima attraverso i social poi in televisione, è stata interpretata da molti come un goffo pentimento camuffato da denuncia pubblica. Quando si è reso conto che la base del M5S e molti dei suoi elettori difficilmente avrebbero digerito il condono fiscale voluto dalla Lega, ha preferito smentire il proprio operato (inventandosi un complotto) e prevenire eventuali contestazioni piuttosto che provare a spiegare come si era arrivati ad un compromesso con il partito di Salvini. Da questo modo di fare emerge bene il limite maggiore del populismo: l'impossibilita di fondare sulla volontà del popolo le scelte politiche che lo riguardano. (...)
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