Caccia a 2,9 miliardi di tagli e dismissioni

Venerdì 14 Dicembre 2018
CONTI PUBBLICI
ROMA Il maxi emendamento che il governo dovrà presentare alla manovra in Senato per ridurre il deficit dal 2,4% al 2,04% nel 2019 non è ancora pronto. Anche per questo Palazzo Chigi e Tesoro hanno deciso di aspettare che la legge di Bilancio arrivi in aula prima di apportare le modifiche necessarie a scongiurare l'infrazione europea. In Commissione bilancio al Senato, dunque, la manovra avrà un iter «accelerato». Le riunioni tecniche per recuperare tutti i 6,5 miliardi per abbattere il deficit si susseguono senza soluzione di continuità. Andranno avanti anche oggi. In cassaforte, per ora, ci sono i 3,6 miliardi di euro di risparmi che arriveranno dalla riforma «Quota 100» delle pensioni e dal Reddito di cittadinanza. Il governo aveva stanziato un maxi fondo da 16 miliardi. Sarà ridotto a 12,4 miliardi. Nel 2019, per la riforma delle pensioni, ci saranno a disposizione 4,7 miliardi invece dei 6,7 miliardi appostati inizialmente. I fondi per il reddito caleranno di 1,6 miliardi, da 9 miliardi a 7,4 circa. Per contenere i costi Tesoro e Palazzo Chigi hanno agito sui paletti per ridurre le platee, ma anche sugli effetti statistici. I tecnici hanno stimato che solo l'85% degli aventi diritto al ritiro anticipato dal lavoro con «Quota 100» utilizzeranno effettivamente lo scivolo. Comunque, se le domande dovessero essere più di quelle preventivate, scatterà una sorta di clausola di salvaguardia, che allungherà il tempo di attesa tra la domanda e il pensionamento effettivo fino a sei mesi. Per il Reddito questo effetto statistico è stimato nel 10%. Di coloro che presenteranno domanda, uno su dieci, ritengono i tecnici, non avrà i requisiti per ottenere il sussidio. Gli altri risparmi saranno determinati dalla partenza a metà marzo del sussidio.
LE STIME
Altri 2,9 miliardi, invece, dovranno arrivare da un piano di dismissioni immobiliari e da una mini spending review. Nella Nadef, la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza approvata a settembre, il governo aveva già indicato un progetto per la dismissione di 640 milioni di immobili pubblici. Nel pieno della tempesta dello spread, per provare a placare i mercati e la Commissione, aveva proposto un piano di cessioni di 18 miliardi. Sul tavolo ci sono alcune proposte tecniche preparate da Banca Intesa e da Mediobanca, per conferire in un dei fondi gli immobili attualmente occupati dallo Stato. Ma la Commissione guarda con un certo scetticismo alle promesse di privatizzazione che spesso, poi, non si realizzano. Sul lato della spending review, invece, i tagli riguarderanno, ancora una volta, la spesa dei ministeri. Si sta lavorando voce per voce. Il ministero degli esteri sarebbe quello più sotto tiro. Sforbiciate si starebbero studiando anche ai compensi pubblici, compreso quello del Commissario di Genova.
Il problema, però, non è soltanto il deficit del 2019. La Commissione chiede che il percorso di correzione del deficit strutturale prosegua anche nel 2020 e nel 2021. Due anni sui quali, rischiano di scaricarsi i costi di «Quota 100» e Reddito. Sul tavolo il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, avrebbe messo anche una marcia indietro sul disinnesco delle clausole automatiche di aumento dell'Iva. L'attuale manovra oltre a cancellare i 12,5 miliardi di aumento di quest'anno, riduce di 5,5 miliardi gli aumenti previsti nel 2019 e di 4 miliardi quelli previsti nel 2020. Queste due riduzioni potrebbero essere cancellate per dare a Bruxelles una sorta di «assicurazione» che il deficit il prossimo anno rimarrà sotto controllo. Ma ci sono anche altre carte per ora rimaste sullo sfondo. A cominciare dal cosiddetto raffreddamento delle pensioni, ossia un adeguamento soltanto parziale degli assegni all'inflazione. Una misura che sarebbe affiancata anche ad una revisione dei criteri di accesso ad alcune prestazioni assistenziali, come le pensioni sociali. Così come accade per il Reddito di cittadinanza, anche per le pensioni pagate a chi non ha versato contributi sarebbe introdotta la prova dei mezzi, ossia l'obbligo di presentare una dichiarazione Isee. Chi risulterà avere un reddito familiare superiore alla soglia di povertà, sarebbe destinato a perdere la prestazione. Da queste misure si ipotizza, nel 2020 e nel 2021, un risparmio di circa un miliardo di euro l'anno.
Andrea Bassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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