«Amo tanto Pordenone La mia vita ormai è qui»

Domenica 23 Agosto 2015
Una vita intessuta di musica, sapendo come adattarsi alle mode, al cambiamento dei gusti e delle passioni del pubblico. Tanto che dopo cinquant'anni Paul Bradley Couling, ovvero Mal dei Primitives, rimane una delle icone più amate nel panorama melodico rock italiano. Quell'Italia che Mal ha scelto come casa mezzo secolo fa, dove ha trovato fortuna e successi. E anche famiglia, quella creata con la moglie Renata da cui ha avuto due figli e per la quale si è trasferito a Pordenone. Per questo il Comune ha deciso di conferire a Mal il riconoscimento «Amico di Pordenone» che gli verrà consegnato lunedì 31 agosto alle 19 nella sala Degan della Biblioteca Civica in occasione delle premiazioni del Concorso fotografico «Una giornata di Golf».
Gallese, romano di adozione, infine pordenonese. Come descriverebbe il suo rapporto con la nostra città?
«Quando ho preso residenza qui ho lasciato Roma dove avevo vissuto venticinque anni. Non ne potevo più. Certo lì ero vicino alla tv, ai concerti, a tutto. Ma allontanarmene è stato un sospiro di sollievo. Era tutto complicato. Roma negli anni Sessanta era bella, ci ho trascorso alcuni degli anni più belli della mia vita, ora è diventata troppo confusionaria. È un peccato, non è stata ben sfruttata, eppure sarebbe meravigliosa».
Perché cinquant'anni fa ha scelto proprio l'Italia per la sua carriera musicale?
«Quelli furono gli anni del boom musicale in Gran Bretagna. Tutti suonavano ed era molto difficile trovare lavoro. Si formavano continuamente band e tutte andavano a suonare in Europa. Noi fummo ingaggiati in Germania. È successo anche ai primi Beatles che infatti ho conosciuto in quel periodo. Fu il periodo della «British invasion», tutta l'Europa era curiosa di cosa stesse accadendo in Inghilterra e nacquero molti locali. Oltre che in Germania, suonammo anche in Francia, Spagna, Belgio, Norvegia. Fino a quando Alberico Crocetta - che assieme a Gianni Boncompagni mi aveva sentito a Londra - mi propose un contratto per il Piper. Poi venne il disco, e dopo cinquant'anni sono ancora qui».
Mezzo secolo celebrato in un disco uscito di recente, che l'ha riportata in tournée e in televisione...
«In realtà sono sempre in giro. Il cd raccoglie venti canzoni, i miei più grandi successi, come «Pensiero d'amore», «Occhi neri», «Tu sei bella come sei», «Furia», ma anche cinque inediti. Uno di questi si chiama «Nel mare della musica» che è anche il titolo del disco. È una canzone molto semplice e molto rock, perché io sono nato in quell'epoca, quelle sono le mie radici».
Come descriverebbe questi cinquant'anni di musica?
«Ci sono stati tanti alti ma anche tanti bassi. È normale in questo mestiere. Momenti in cui i dischi vendono moltissimo e altri in cui non sono nemmeno ascoltati. Questo è il nostro mondo: è difficilissimo indovinare il gusto del pubblico. Quello che ho capito è che le persone vogliono canzoni semplici, nel senso di orecchiabili e ascoltabili. Invece oggi la canzone italiana è diventata autoreferenziale e per addetti ai lavori. Si cerca di imitare e importare quello che accade negli Stati Uniti».
Mai avuto qualche rimpianto?
«Ci sono stati alti e bassi, ma nessun vero rimpianto. Anzi. Tutto è servito a riempire e costruire».
Cosa le manca degli anni '60 e '70?
«Quella musica spontanea che veniva dal cuore invece che dal computer. Non è una questione di nostalgia. Quando parlo di musica italiana intendo quella che gira per il mondo e che fa guadagnare. Pensi a pezzi come "Volare" o "Nel blu dipinto di blu". Tutti le apprezzano e sicuramente oggi in questo momento in un angolo del mondo qualcuno le sta ascoltando».
Di recente è tornato anche in Canada...
«Sto lavorando molto. Ho partecipato a diversi programmi della Rai nelle ultime settimane. In Canada ci sono stato con Red Canzian, un carissimo amico. Ha preparato uno spettacolo in cui racconta la storia della sua vita attraverso le canzoni. Come bassista dei Pooh ma anche con un tributo ai musicisti che l'hanno influenzato e mi ha invitato sul palco con lui, anche in Canada in un concerto alle cascate del Niagara».
I suoi figli suonano?
«Entrambi sia chitarra che pianoforte, ma non hanno un interesse particolare. Mio figlio ha preso da me la passione per il golf e sta diventando davvero un bravissimo giocatore. Sogna di diventare un golfista professionista. Mia figlia ha una passione per la danza».
A proposito di golf, il concorso di giovedì è organizzato dall'associazione «Golf & Musica» di cui lei è presidente. Come è nata la passione per questo sport?
«Da una visita di controllo, quando il medico mi ha consigliato di camminare e fare movimento e mi ha passato il suo entusiasmo. Ora gioco da sei anni. Il golf è uno degli sport più belli al mondo. Ogni campo è diverso, puoi giocare contro te stesso o contro il campo, non come negli altri sport contro un avversario. Sei immerso nella natura. Quanto all'associazione, organizziamo serate e concerti abbinati a partite, ma la vera testa è Denis Biasin».
Ci sono affinità tra golf e musica?
«Anche nel golf esiste lo swing, è quel movimento delle braccia prima di colpire la palla. E per entrambi si tratta di una questione di armonia, l'una musicale l'altra del movimento e del corpo».
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