«Perdiamo marchi storici, così si abbassa il livello»

Martedì 19 Febbraio 2019
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PADOVA «Negli ultimi anni molte attività storiche della città hanno lasciato posto a nuove imprese che hanno aperto spesso in modo improvvisato, magari per necessità di chi era rimasto senza un lavoro. A tre anni di distanza, però, la metà di queste imprese chiude creando non pochi problemi ai propri dipendenti e ai fornitori».
L'analisi, netta e spietata, è del presidente di Confesercenti Veneto Centrale, Nicola Rossi. «Non basta parlare di attività in aumento oppure in diminuzione - sottolinea Rossi -. È necessario fare un'analisi della situazione dal punto di vista qualitativo. Siamo sicuri che la crescita del numero di imprese porti ad una situazione migliore del commercio in città?». Rossi scuote la testa perché la risposta, secondo lui, è negativa. «Prendiamo per esempio via Manin, una strada nel cuore del centro - prosegue -. Negli ultimi anni se ne sono andati negozi storici, pensiamo a Vittadello, e sono arrivate attività ristorative mordi e fuggi o, se vogliamo dirlo con un termine di moda, street food. La Rinascente oggi è sulla bocca di tutti, ma quante piccole Rinascenti hanno chiuso negli ultimi anni?».
Lo scenario, quindi, per il numero di Confesercenti è tutt'altro che roseo: «Il momento economico è ancora difficile. La crisi insiste dal 2009, negli ultimi due anni sembravamo poter vedere una fioca luce in fondo al tunnel ma ora quella luce si è proprio spenta».
CAUSE E SOLUZIONI
Idee chiare sulle cause di tutto ciò: «Il saldo negativo dei negozi in provincia di Padova è dovuto a tre grandi fattori. Anzitutto lo strapotere della grande distribuzione che grazie alle aperture domenicali e alle nuove aperture a ha trasferito dal 2013 al 2018 oltre 400 milioni di vendite dal dettaglio tradizionale. Poi il contenimento dei consumi: tra il 2015 ed il 2018 l'aumento delle vendite al dettaglio è stato di poco superiore all'1%. Infine lo sviluppo dell'e-commerce».
Le conseguenze, per Rossi, sono già visibili: «Aree periferiche e piccoli comuni sprovvisti di alcuni servizi fondamentali, degrado di alcune aree, svuotamento dei centri storici, incremento della sensazione di insicurezza».
Confesercenti ha anche la ricetta per superare il tunnel: «Servono risposte dalla politica nazionale - insiste Rossi -. Penso alla riduzione della pressione fiscale e alla regolamentazione delle aperture festive dei centri commerciali. Ma serve ovviamente anche il massimo impegno della politica locale. Qui a Padova, ad esempio, bisogna insistere sull'attrazione turistica. E garantire un parcheggio come quello della Prandina per noi è vitale».
Confesercenti pone l'accento anche sulle difficoltà degli ambulanti, «che per anni ha rappresentato uno dei punti di forza della rete distributiva padovana». In tre anni, evidenzia l'associazione, sono state perse 224 unità passando da 2.680 licenze a 2.454. «Un ambulante ogni dieci - è il grado d'allarme - ha chiuso l'attività».
LA SFIDA DA AFFRONTARE
Sulla stessa linea il presidente padovano dell'Ascom, Patrizio Bertin. «Negli ultimi anni c'è stata una flessione che ha coinvolto anche grandi marchi di qualità. I negozi storici chiudono per varie cause: la crisi economica, la mancanza di ricambio generazionale, la concorrenza dei centri commerciali e l'ascesa del commercio elettronico. Quella del commercio locale è una sfida non facile, ma bisogna affrontarla».
Anche Bertin ha già la ricetta in tasca. «Servono interventi infrastrutturali importanti. Penso alla nuova arena della musica e al nuovo polo congressuale in zona Fiera. Sostengo anche il progetto di un boulevard dell'innovazione in via Venezia, vicino alla Fiera, alla cittadella e alle aule universitarie. Lì potrebbero nascere nuovi importanti insediamenti commerciali. Il rilancio passa attraverso innovazione e infrastrutture: solo così possiamo tornare ad essere attrattivi nei confronti dei grandi investitori».
G.Pip.
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