Infiltrazioni mafiose, un protocollo di legalità

Sabato 17 Novembre 2018
Infiltrazioni mafiose, un protocollo di legalità
IL FENOMENO
PADOVA Parte da Padova il nuovo protocollo di legalità per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle imprese del territorio. In calce, la firma della Procura, delle forze dell'ordine, di notai, della Camera di Commercio, della Provincia e dell'Ordine dei commercialisti, promotori dell'iniziativa. Che vuole essere un decalogo con cui segnalare e sbarrare la strada all'ingresso nelle società della provincia di emissari di Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra («interessate solo a fare soldi e basta», è l'analisi del professor Antonio Parbonetti del Bo). Il contrasto passa attraverso uno scambio di dati con la Camera di Commercio per verificare fin dall'inizio gli indebitamenti di imprese associate, ma anche l'ingresso di nuovi soci o l'incasso di importanti finanziamenti in arrivo da fuori città o regione. Perché il Veneto, e Padova in particolare, da tempo è nel mirino delle associazioni mafiose, golose della ricchezza del territorio e capaci di sfruttare la crisi per incunearsi nei gangli delle aziende.
OPERAZIONI SOSPETTE
A darne la misura, sono i dati della Direzione Investigativa Antimafia che nel solo 2017, in Veneto, ha analizzato 280 operazioni sospette considerate attinenti alla criminalità organizzata e 2.362 attività relative a reati spia, tra cui l'impiego di denaro di beni o utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, danneggiamento seguito da incendio. Non va meglio sul fronte del riciclaggio dove la provincia di Padova, per le segnalazioni di operazioni sospette, è salita al secondo posto con 1.598 operazioni segnalate (+5%), dietro solo a Treviso (1.648) e seguita a ruota da Verona (1.573). Un incremento importante se si considera che un anno prima (2016) Padova era quarta tra le venete (dopo Verona, Treviso e Vicenza) per numero di operazioni antimafia: 1.429. E dando uno sguardo alla geografia delle ventiquattro aziende confiscate, per ora, in Veneto, quasi il 30% ha sede in provincia di Padova (7), mentre i beni immobili confiscati sono oltre 350, di cui oltre il 10% (cioè 42) si trovano nella provincia del Santo. «Come professionisti dobbiamo impegnarci ulteriormente nella tutela della legalità - ha dichiarato Dante Carolo, presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti, aprendo la giornata di studi al Bo - l'uso strategico delle banche dati può far emergere queste situazioni di investimenti significativi che non trovano rispondenza nella realtà territoriale».
Nicola Munaro
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