IL PROCESSO
BELLUNO «È proprio grazie a quello stress a cui ti sottopongono

Martedì 19 Febbraio 2019
IL PROCESSO
BELLUNO «È proprio grazie a quello stress a cui ti sottopongono nel montaggio e smontaggio dell'arma che io sono diventato un bravo tiratore». Così ha parlato ieri in aula il teste chiamato dalla difesa nel processo per il caso di nonnismo in caserma Salsa. Alla sbarra tre sottufficiali alpini dell'esercito italiano della Brigata alpina Julia-Settimo Reggimento, residenti in città, accusati di violenza privata, lesioni e di abuso di autorità (avrebbero violato gli articoli 195 e 196 del Codice penale militare di pace per il periodo dal 2015 al 2016).
GLI IMPUTATI
Si tratta del sergente maggiore Francesco Caredda, 41enne napoletano comandante del plotone dove c'era il militare parte offesa, del caporal maggiore scelto Fabio Siniscalco, 31enne e del caporal maggiore capo Salvatore Garritano 35enne (sono tutti avvocato di fiducia Antonio Vele di Napoli). Si difenderanno con dichiarazioni spontanee alla prossima udienza il 27 maggio, quando ci sarà anche la sentenza. Era presente anche il giovane militare vessato, si tratta di un 25enne campano, parte civile con l'avvocato Mario Palmirani del Foro di Santa Maria Capua Vetere.
IL TRAUMA
Nelle sospensioni di udienza si vedeva lui solo da una parte, seduto accanto al suo avvocato visibilmente provato. Loro in piedi sorridenti, a scherzare. Se quelle accuse hanno solo un minimo di fondamento si può solo immaginare cosa possa aver provato il 25enne caporalmaggiore solo contro i tre suoi superiori. E poi loro, pur sotto processo sono andati in missione Onu in Libano. Lui qui a fare i conti con quello che avrebbe subìto.
NONNISMO
Gli avrebbero detto: «Ciccione», «Non sei capace di fare niente», «Io ti faccio congedare». E il culmine di un anno di vessazioni sarebbe avvenuto la sera del 5 maggio 2016, quando i tre sottufficiali avrebbero prelevato la televisione che lui teneva in camera per uno scherzo. Quando l'alpino arrivò per riprendersela gli avrebbero messo le mani in faccia per impedirglielo, provocandogli delle lesioni. Lo avrebbero aggredito anche nel corso del montaggio smontaggio dell'arma. Una situazione di stress codificata, secondo quanto raccontato ieri in aula, ma in cui sarebbe spuntato un chiodo. Per la difesa, che respinge le accuse, si sarebbe trattato solo di scherzi e goliardia.
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