Le tensioni in Europa

Mercoledì 23 Gennaio 2019
IL CASO
ROMA Una corsa in avanti, seguita da un chiarimento: la Germania non parteciperà più alla missione europea Sophia, per via dell'atteggiamento intransigente, o meglio «della linea dura» tenuta dal governo italiano riguardo alla questione migranti. Almeno per ora. Una decisione non da poco, che potrebbe mettere a rischio l'intera operazione, avviata nel 2015 per contrastare i trafficanti di esseri umani e la criminalità nel Mediterraneo.
I PORTI SICURI
La ragione più recente è quella del carico di disperati recuperati in mezzo al mare e riportati in Libia dalla Guardia costiera del paese africano, che ora minacciano di uccidersi piuttosto che rientrare nei centri di detenzione. Anche se la notizia di una possibile uscita della Germania dall'accordo circolava già da qualche giorno a Bruxelles, prima dell'ultimo intervento libico per recuperare i migranti. Eppure l'Italia deve aver pensato che la posizione sarebbe stata rivista, che Angela Merkel è sempre stata una nostra buona alleata. Anche perché, se c'era qualcuno che aveva minacciato di far crollare l'intera operazione uscendo dall'intesa, era stato proprio il ministro Matteo Salvini, il quale ha lamentato sin dall'inizio che le regole in base alle quali gli sbarchi vadano fatti nel primo porto sicuro non potevano andare bene al nostro paese. Tanto che ieri davanti alla notizia, diffusa dall'agenzia tedesca Dpa che ha citato fonti governative, ha reagito con la posizione di sempre: «La missione Sophia aveva come mandato di far sbarcare tutti gli immigrati solo in Italia e così ha fatto, con 50.000 arrivi nel nostro Paese. Se qualcuno si fa da parte, per noi non è certo un problema».
Infatti le discussioni per cercare una soluzione in questi ultimi mesi, non hanno dato alcun esito positivo. L'operazione Eunavfor Med è scaduta a dicembre ed è stata rinnovata fino a marzo 2019, nella speranza che qualcosa si muova. E la Germania si è mossa, ma non nel senso che avremmo voluto, visto che il dissenso manifestato dal Bundestag verso la nostra linea politica avvicina sempre di più il governo tedesco all'altro nemico del momento, ovvero alla Francia. Con il rischio evidente di un pericoloso isolamento in Europa.
IL PROCESSO POLITICO
Così ieri, non appena è circolata la notizia, tutto l'apparato militare italiano e la diplomazia si sono messi in movimento per cercare di trovare una soluzione. E in serata, da Berlino, è arrivata la comunicazione: «La nave Augusta non verrà sostituita a febbraio dalla nave Berlin - ha riferito il generale Eberhard Zorn alla Commissione difesa ed esteri - O almeno questo non dovrebbe avvenire». Mentre il portavoce del ministero della Difesa ha aggiunto: «L'invio della Berlin è solo temporaneamente sospeso. Il mandato della missione sarà prolungato dalla Ue a marzo e noi riteniamo che debba essere chiarito meglio quali siano i compiti della missione». La nave si terrà comunque pronta, e potrebbe essere nel Mediterraneo in seguito a una nuova decisione nel giro di 15 giorni. «Per ora - ha evidenziato il portavoce - nel quartier generale di Sophia restano comunque i nostri uomini». Nel frattempo, Berlin sarà impiegata per esercitazioni Nato nel Mare del nord. «Nell'ultimo periodo - è ancora la comunicazione diffusa - i compiti di Sophia sono cambiati. La definizione chiara del mandato è un processo politico che spetta all'Europa». Su quanto pesi l'atteggiamento del ruolo italiano nell'accoglienza dei profughi, il portavoce ha affermato di non poter partecipare a «speculazioni».
La partita è dunque tutta da giocare. Resta aperto il nodo dei porti sicuri che l'Italia vorrebbe risolvere al più presto. In base agli accordi, la missione non ha un proprio regolamento sugli sbarchi delle persone salvate dai barconi, ma l'ha mutuato direttamente dalla vecchia missione Triton operata da Frontex. Il problema è che Triton considerava l'Italia l'unico Paese di sbarco. Ed è per questo che spetta direttamente a noi gestire gli sbarchi dei migranti salvati durante l'operazione Sophia. In questi mesi, nella speranza di evitare che i nostri paesi costieri venissero sovraccaricati e che l'Italia fosse l'unica sponda nel Mediterraneo, il governo di Giuseppe Conte ha provato a modificare il regolamento. Ma la solidarietà europea tanto decantata da Bruxelles e dai partner Ue (compresi quelli di Visegrad), è finita nel momento in cui il nostro paese ha chiesto di non essere lasciato solo.
Cristiana Mangani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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