Draghi: «Uscire dalla Ue non dà sovranità è possibile resistere alla globalizzazione»

Sabato 23 Febbraio 2019
Draghi: «Uscire dalla Ue non dà sovranità è possibile resistere alla globalizzazione»
IL DISCORSO
ROMA La laurea honoris causa stavolta era in Giurisprudenza e Mario Draghi all'Università di Bologna ha pronunciato un discorso essenzialmente politico, dal quale mancano richiami alle situazioni dei singoli Paesi e anticipazioni sulle strategie future della Banca centrale. Tutto il focus invece è sulla situazione delle istituzioni europee, bersaglio principale delle critiche del variegato schieramento populista. Così il presidente della Bce ha riconosciuto che la fiducia verso le strutture di Bruxelles è scesa dal 57 per cento del 2007 all'attuale 42 per cento. Aggiungendo però che nello stesso periodo è venuta meno anche la fiducia dei cittadini nei confronti dei governi e dei parlamenti nazionali, che si ferma al 35 per cento. Ma se si guarda alla dimensione economica, allora emerge che i cittadini «apprezzano i benefici dell'Unione»: all'interno dell'area dell'euro la moneta unica riscuote un 75 per cento di consensi.
LO SCENARIO
Disegnato questo scenario, Draghi è passato a contestare frontalmente la tesi che oggi sembra aver guadagnato grande popolarità: quella secondo cui «per riappropriarsi della sovranità nazionale sarebbe necessario indebolire le strutture politiche dell'Unione europea». Questo ragionamento è sbagliato perché «confonde l'indipendenza con la sovranità». Secondo il presidente della Bce «la vera sovranità si riflette non nel potere di fare le leggi ma nel migliore controllo degli eventi in maniera da rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini». I singoli di Stati oggi hanno mezzi di intervento limitati in un contesto di globalizzazione. E a sua volta la globalizzazione dipende non tanto da scelte politiche quanto «dal progresso tecnologico nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nei computer e nel software che ha reso conveniente lo scambio globale e la frammentazione produttiva». Ecco quindi che la cooperazione è una strada obbligata per i Paesi che vogliono essere davvero sovrani e questo vale in particolare in Europa, che è il più integrato tra le tre grandi aree commerciali mondiali: «Porsi al di fuori della Ue può sì condurre a maggior indipendenza nelle politiche economiche, ma non necessariamente a una maggiore sovranità». Lo stesso vale per la permanenza nell'euro. Draghi non può certo ignorare come l'ordine politico mondiale scaturito dalla fine della guerra fredda appaia oggi malconcio. Dunque «il cambiamento è necessario» ma non è quello che alcuni vorrebbero. E qui si dispiega la critica del presidente Bce. «Da un lato, si riscoprono antiche idee che hanno plasmato gran parte della storia, per cui la prosperità degli uni non può essere raggiunta senza la miseria di altri; l'affermazione dell'io, dell'identità, diviene il primo requisito di ogni politica». Con il risultato che «la libertà e la pace divengono accessori dispensabili all'occorrenza». Per Draghi però «se si vuole che questi valori restino essenziali, fondanti, la strada è un'altra». Si tratta di «adattare le istituzioni esistenti al cambiamento».
L. Ci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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