Bpvi: confisca «esagerata», la Cassazione chiede lumi alla Corte Costituzionale

Congelata la sentenza definitiva sul crac, che ora potrebbe slittare anche di un anno

Sabato 16 Dicembre 2023 di Angela Pederiva
Bpvi: confisca «esagerata», la Cassazione chiede lumi alla Corte Costituzionale

VICENZA - La Cassazione "congela" la sentenza e rinvia alla Corte Costituzionale il procedimento che riguarda il crac della Banca Popolare di Vicenza, per il quale sono imputati l'ex presidente Gianni Zonin, gli ex dirigenti Paolo Marin, Andrea Piazzetta ed Emanuele Giustini più l'ex manager della banca Massimiliano Pellegrini.
In gioco c'è la confisca di 963 milioni agli imputati passata in sentenza in primo grado, poi bocciata nell'appello a Venezia dell'ottobre 2022 e sulla quale la Procura generale lagunare ha proposto ricorso, la stessa mossa - ma per motivi opposti - della difesa di Zonin. La Quinta Sezione penale della Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzione dell'articolo 2641 del codice civile che - informa una nota della Suprema Corte - «prevede la confisca obbligatoria per equivalente dei beni utilizzati per commettere il reato, per sospetto contrasto col principio costituzionale, convenzionale ed eurounitario di proporzionalità». In sintesi, il sospetto degli "ermellini" è che la confisca di 963 milioni sia stata eccessiva anche se permessa dalla legge. Un provvedimento pesante a suo tempo era stato chiesto anche per l'ex Ad di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, per il quale in primo grado scattò una confisca per 221 milioni poi revocata in appello. «La sospensione del processo dovuta alla proposizione della questione di legittimità costituzionale determina la sospensione dei termini di prescrizione dei reati», sottolinea una nota della Cassazione.
Il procuratore generale della Cassazione Tomaso Epidendio nella sua requisitoria del 14 dicembre scorso ha chiesto il rigetto dei ricorsi presentati dalle difese dell'ex presidente Gianni Zonin (presente in aula), e degli ex vice direttori generali Andrea Piazzetta (responsabile dell'Area finanza della banca) e Paolo Marin (a capo dell'Area crediti), inammissibilità di quello dell'ex vice dg Emanuele Giustini, avanzando l'istanza di rinnovamento del dibattimento per Pellegrini, in pratica di rifare il processo di appello che l'ha portato alla condanna (in primo grado è stato assolto) davanti a una differente Sezione della Corte d'Appello veneziana in modo da sentire ulteriori testi, vale a dire anche quelli a "favore" dell'imputato. Cosa che, secondo la difesa dell'ex dirigente (avvocato Vittorio Manes), non sarebbe invece avvenuta.
«Quella della legittimità costituzionale della confisca di 963 milioni era una questione che avevamo sollevato fin dall'appello - spiega Enrico Ambrosetti, avvocato difensore dell'ex presidente di BpVi Gianni Zonin, pena quasi dimezzata in secondo grado -. Per noi è chiaramente una norma incostituzionale perché permette un'azione abnorme. Avevamo avuto accoglimento della nostra istanza sotto un diverso profilo in appello. Adesso vedremo in Corte Costituzionale, siamo fiduciosi».
In ogni caso si tratta di una pesante pena accessoria che quasi sicuramente non sarebbe mai stata possibile concretizzare. In gioco ci sono però anche le condanne di secondo grado. In appello erano stati inflitti 3 anni e 11 mesi di reclusione a Zonin, al vice direttore generale Andrea Piazzetta e all'ex alto dirigente della banca Massimiliano Pellegrini. Tre anni e 4 mesi era stata invece la condanna nei confronti di Paolo Marin. La pena più bassa, 2 anni e 7 mesi, era arrivata per Giustini, grazie alla sua memoria in cui ha ammesso i reati. I calcoli che fanno gli avvocati anche secondo le mosse della procura della Cassazione sono di un'ulteriore prescrizione già scattata per gli imputati anche per l'ostacolo alla Vigilanza del 2012 e del 2013. Rimarrebbe in piedi solo quello per il 2014, quando la situazione della Popolare di Vicenza precipitò sotto il peso di circa un miliardo di baciate, i finanziamenti ai soci per acquistare azioni della banca. Scattarono le inchieste e l'azzeramento delle azioni. Nel 2017 arrivò poi la liquidazione coatta amministrativa e il passaggio delle attività a Intesa Sanpaolo per una cifra simbolica.
Di fatto quindi nella sentenza della Cassazione, che potrebbe arrivare anche fra un anno secondo i tempi attesi per quella della Corte Costituzionale, potrebbero arrivare ulteriori sconti di pena.

C'è chi parla di qualche mese, chi di più. E alcuni osservatori evidenziano come le operazioni baciate costituissero anche lo strumento per commettere il reato, quindi che si potrebbe incidere anche su tutto l'impianto del processo. In questa fase di limbo c'è chi intravede uno spiraglio positivo. «Ci conforta il fatto che la stessa procuratoria della Cassazione abbia condiviso le nostre ragioni, chiedendo la rinovazione più ampia dei testi - afferma l'avvocato Manes, difensore di Pellegrini - prima di rovesciare un verdetto di assoluzione che abbiamo avuto in primo grado. Ora attendiamo la decisione della Cassazione».


CONSOLAZIONE DA FIR
In ogni caso deluse le parti civili che dopo otto anni di battaglie legali devono ancora attendere per avere una sentenza definitiva. «Dopo la liquidazione l'unica consolazione per i risparmiatori sono stati i risarcimenti del fondo Fir arrivati al 40% delle spese fatte a suo tempo per acquistare le azioni», dichiara Patrizio Miatello dell'associazione Ezzelino Da Onara.

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