«Mestre adesso ha un ospedale gioiello» Il saluto di Lamanna, direttore in pensione

Giovedì 10 Gennaio 2019 di Maurizio Dianese
Onofrio Lamanna, nel 2008, durante la presentazione del nuovo ospedale di Mestre alla commissione regionale
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«Un po’ di amarezza c’è. Ma non per me dal momento che io ho dato ed ho ottenuto il massimo dal mio lavoro. No, l’amarezza è per come stanno andando le cose adesso. Me ne vado in un momento critico per la sanità perchè non si riesce a trovare i medici e il mio malumore nasce da lì, dal fatto che abbiamo i soldi per assumerli e non li troviamo. Quasi quasi mi sono sentito in colpa al momento di dire addio ad un lavoro che mi ha dato tantissimo».
Così il dottor Onofrio Lamanna, in pensione dal 31 dicembre dell’anno scorso, per più di 12 anni a capo della sanità mestrina e veneziana, prima come direttore sanitario dell’ospedale e poi come direttore sanitario dell’Ulss Serenissima.  Pensare che quando è arrivato a Mestre, nel 2000, si è sentito rifiutare la casa: «La signora ha guardato la mia carta d’identità, ha letto che ero nato il 6 aprile 1957 a Bari e mi ha detto che ai meridionali non affittava perchè aveva avuto brutte esperienze con i terroni. E io le ho risposto che aveva ragione, che era brutta gente, che faceva bene a diffidare». Chissà se la signora ha capito l’ironia. Di sicuro c’è che il dott. Lamanna è stato costretto a scegliere un’altra casa e alla fine a comprarsela. «Ma i mestrini ho imparato ad amarli, oggi dico che non me ne andrei da Mestre in nessun caso. E poi i figli sono qui, tra Mestre, Padova e Verona e quindi va bene così».
IL PRIMO IMPATTO Certo, il primo impatto non è stato dei migliori, «ma siccome ho girato mezza Italia con il mio lavoro, quando sono riuscito a tornare qui, dopo alcuni anni passati tra Treviso, Trieste, Padova e il Trentino, sono tornato molto contento».
Originario di Bari, famiglia di militari, Onofrio Lamanna cresce “a colpi di documentari di Jacques Costeau” e quindi decide di iscriversi all’Accademia Navale a Livorno. Lì si laurea in medicina e in Marina resta per 18 anni, fino al 1993. «Ero indeciso se fare l’ufficiale di carriera combattente o il medico». Alla fine si è trovato a combattere nelle corsie d’ospedale. «E la formazione militare mi è servita. Anzi, mi è stata fondamentale ad esempio quando si è trattato di coordinare il trasloco dal vecchio Umberto I all’ospedale dell’Angelo. Si trattava di spostare mille e cinquecento persone in un mese. E’ stata una impresa, ma avevo una squadra formidabile, tutta di sole donne».
Il trasloco porta la data di maggio 2008 e dunque il nuovo ospedale di Mestre ha già superato la boa dei primi 10 anni. «Ed è un gioiello. Io sfido a trovare un altro ospedale in Italia con la stessa data di nascita che sia nelle condizioni di questo, che sembra nuovo». E a proposito delle polemiche sul project financing. Lamanna taglia corto: «Chi polemizza vuol dire che non si ricorda com’era il vecchio Umberto I. E poi io non demonizzerei la presenza dei privati nella sanità pubblica. E avverto che, senza i privati, Mestre probabilmente non avrebbe nessun ospedale né il vecchio, che era completamente fuori norma, né il nuovo. Certo che tutto è perfettibile, certo che si poteva strappare condizioni migliori, ma dobbiamo tener presente che Mestre ha fatto da apripista e quindi certi errori non solo si spiegano, ma devono essere giustificati».
L’EMERGENZA VERA Il problema vero, secondo Lamanna, oggi non è il contenitore, che regge bene agli attacchi del tempo, quanto il contenuto. «Abbiamo un ospedale perfetto con fior di professionisti in corsia, ma ci manca il personale e la cosa mi fa imbestialire perchè siamo arrivati alla resa dei conti “grazie” ad un errore di programmazione assurdo. Voglio dire che non mancano i laureati in medicina, mancano gli specialisti e solo perchè le scuole di specializzazione hanno troppi pochi posti. Ci sono 12 mila medici che aspettano di entrare nelle scuole di specializzazione e noi in ospedale siamo in affanno. Non solo, dico di più, i pazienti non si accorgono più di tanto della carenza di personale perchè medici e infermieri si fanno in quattro, ma ci sono certi reparti che sono veramente in difficoltà. Penso al Pronto soccorso, penso ad Anestesia e rianimazione e a Radiologia. Siamo in super affanno e non capisco che cosa si aspetti a metterci una pezza».
SVOLTA NECESSARIA «La sanità veneta è una eccellenza, ma non si può reggere per sempre sullo spirito di servizio e di sacrificio del personale. In ogni reparto siamo sotto organico, in ogni reparto. La situazione è più drammatica di quel che appare, credetemi. E’ per questo che un po’ mi sento in colpa ad essermene andato, ma come tutte le esperienza lavorative, arriva il momento in cui bisogna chiudere».
E’ il momento insomma di pensare al “post” lavoro, dopo tanti anni di trincea. Che farà adesso? «Credo che farò un corso per imparare a ripararmi il motore della barca a vela. Tengo la mia alla Certosa e non ho mai smesso di usarla. Adesso lo farò più di prima. Tutto qua e l’unica cosa che mi sento di dire ai mestrini è che amino un po’ di più il loro ospedale. E’ veramente il più bello, veramente tra i migliori».
Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 13:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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