Stefano giovane ingegnere molla tutto per aiutare il Terzo Mondo

Domenica 2 Dicembre 2018 di Gabriele Pipia
Stefano Meneghello in missione
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SALZANO - Un lavoro in linea con il suo brillante percorso di studi, uno stipendio di tutto rispetto, una famiglia vicino a casa e dei buoni amici con cui giocare la sera a calcetto. La vita di Stefano Meneghello era un puzzle in cui ogni tassello sembrava incastrarsi alla perfezione. Tutto era a portata di mano, ma non sempre comodità fa rima con serenità. Per sentirsi davvero in pace con se stesso, questo ventiseienne di Salzano aveva bisogno di sentirsi utile per chi vive nel terzo mondo, immerso nella povertà. Per questo motivo ha deciso di mollare tutto, cambiare vita e diventare operatore umanitario di Medici senza Frontiere. E c’è una scena che, più di ogni altra, porta alle radici di questa scelta: «Ho fatto il volontario per cinque mesi in Ciad in un progetto legato alla costruzione di pozzi - racconta Stefano -. Non dimenticherò mai il momento in cui è uscita per la prima volta l’acqua pulita. Gli occhi dei bambini, abituati solamente all’acqua sporca di fango, si sono illuminati. Tutto ciò mi ha segnato e mi ha cambiato».
 
La sua esperienza merita di essere raccontata perché di questi tempi non è affatto facile vedere un ragazzo che trova il coraggio di licenziarsi e stravolgere la propria vita, rinunciando ad una carriera ben avviata vicino a casa. Meneghello quel coraggio lo ha avuto eccome e da poche settimane si trova in Libano, a venti chilometri dal confine con la Siria. Le comodità della vita in Veneto e Friuli sono già un lontano ricordo, anche perché questo non è certo uno dei luoghi più sicuri del mondo.
IL PERCORSO
Un diploma al liceo Majorana di Mirano, una laurea triennale con 110 e lode in Ingegneria Meccanica all’Università di Padova e poi un’altra laurea specialistica ottenuta con il massimo dei voti al Politecnico Federale di Zurigo. Sembrava l’alba di un percorso professionale già ben delineato. «Invece nel 2014, dopo essermi laureato, mi sono preso dei mesi sabbatici per fare altro - ricorda il ragazzo -. Prima il Cammino di Santiago, poi l’esperienza da volontario in Ciad con la Diocesi di Treviso, occupandomi in cantiere della realizzazione dei pozzi. Sono tornato in Italia sognando di trovare un lavoro che mi permettesse di aiutare quei Paesi». Non è andata proprio così: due mesi in uno studio di ingegneria padovano e poi il trasferimento a San Daniele del Friuli per lavorare alla Lima Corporate, un colosso nel campo delle protesi ortopediche. «Ho cominciato a luglio 2017 - spiega Stefano -. Facevo il progettista e sviluppavo le protesi. Avevo un contratto di apprendistato da un anno e mezzo e stavo bene, avrei avuto possibilità di stare lì a lungo. Lavorare con le protesi è una bella cosa perché aiuti gente che non cammina, ma non mi bastava. Mi mancava una vera missione, mi mancava svegliarmi al mattino e fare qualcosa per gli altri». È per questo che Stefano ha fatto domanda per entrare in Medici senza Frontiere e poi, una volta scelto come operatore umanitario, non ha esitato. Si è licenziato.
LA NUOVA ESPERIENZA
«Dal 22 ottobre sono in Libano - racconta ora parlando dall’ospedale di Bar Elias -. Mi occupo di tutti gli aspetti organizzativi e logistici, dal trasporto di persone e medicinali alla sicurezza. Ho un contratto a missione: quella attuale dura sei mesi, poi si vedrà».
La Valle della Beqà, dove si trova adesso, è zona di confine e quindi decisamente delicata. «Vediamo i profughi siriani arrivare nel nostro ospedale - sospira -. Aiutandoli, ci sentiamo gratificati. Sento che quello che facciamo ha una valenza enorme». Gabriele Pipia
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Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 09:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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