Una lunga maratona di baci, così si congeda la Biennale teatro

Mercoledì 1 Agosto 2018 di Giambattista Marchetto
Una lunga maratona di baci, così si congeda la Biennale teatro
VENEZIA - La Biennale Teatro 2018 si chiude con una maratona del bacio. Domenica 5 agosto il 46. Festival Internazionale del Teatro vedrà infatti in scena Kiss me, un montaggio da percorsi di lavoro compiuti nelle masterclass di Biennale College Teatro. Nell'arco dell'intero Festival - dal 23 luglio al 4 agosto - si sono svolti infatti laboratori di drammaturgia, regia, recitazione, fotografia, arte performativa tenuti da Roberto Latini, Silvia Calderoni, Gisèle Vienne, Guido Mencari, Jacop Ahlbom, Vincent Thommaset, Francesco Manetti e Alessio Maria Romano, Antonio Rezza e Flavia Mastrella.
IL DIRETTORE
Il direttore Antonio Latella ha proposto loro un tema: il bacio, attorno a cui lavorare insieme ai 152 giovani artisti selezionati con un bando internazionale. Il tema proposto guardava al bacio «come gesto entrato a far parte della nostra quotidianità, ma anche come atto performativo che sempre si rinnova fino a rendersi irripetibile e unico chiarisce Latella - Si potrebbe partire da questa domanda: gli esseri umani si sono sempre baciati? E il bacio stesso, o il gesto del baciarsi, ha conservato negli anni sempre la stessa valenza o il suo significato è andato mutandosi con il tempo? Tutto contribuisce a rendere l'atto del baciarsi, o il bacio, uno dei gesti più forti e misteriosi che esistano in natura».
 
LE SUGGESTIONI
A partire da queste suggestioni, i maestri invitati hanno declinato in maniera diversa il tema del bacio: il regista Jakop Ahlbom si è chiesto se fosse diverso baciarsi nel 1920 rispetto al 1960 o al 1980; Silvia Calderoni (con Ilenia Caleo) ha condotto uno studio sul film Kiss di Andy Warhol, che rompeva le regole hollywoodiane sulla durata dei baci sullo schermo; Linda Dalisi e Letizia Russo si sono ispirate al bacio di Giuda per indagare un gesto che forse nasconde qualcosa di diverso da un semplice tradimento; il fotografo Guido Mencari ha riflettuto sulla narrazione del simbolico e sul linguaggio iconico del teatro; i Leoni d'oro Antonio Rezza e Flavia Mastrella hanno affrontato il passante in transito per le vie di Venezia; il coreografo Vincent Thomasset ha utilizzato il contatto per interrogare la nozione di libero arbitrio; Gisèle Vienne, coadiuvata da Anja Röttgerkamp e Núria Guiu Sagarra, è partita dalle tecniche del cinema e del montaggio video.
IL REGISTA
Roberto Latini ha giocato sulle rime, pensando al bacio come gesto del testo, della parola. «Ho proposto ai ragazzi una struttura che stiamo componendo in due parti, per noi piuttosto diverse eppure simili, come fossero le labbra del bacio spiega il regista Sono partito dal bacio come prossimità e accoglienza, perché per me è come se fosse il gesto che arriva quando le parole non sono più necessarie, quando non hanno più la capacità di dire qualcosa. Ecco penso sia bella la sensazione dell'incapacità delle parole, a favore di qualcosa altro che ha sfumature di intimità e di emozione».
Francesco Manetti e Alessio Maria Romano hanno studiato il bacio dal punto di vista scientifico e biologico, toccando le teorie antropologiche sulle origini e le differenti modulazioni affettive. «Abbiamo messo subito i ragazzi di fronte alla cosa, ovvero alla preoccupazione di come si debba performare un bacio in teatro racconta Manetti Si fa finta o per davvero? Quale può esser la complicazione emotiva? Per capirlo abbiamo affrontato subito, bendati, l'atto bacio. Abbiamo rotto subito il tabu, partendo dal bacio come inizio di qualcosa, non come sigillo. Poi abbiamo iniziato a smontarlo, a riflettere sulle aspettative».
Giambattista Marchetto
Ultimo aggiornamento: 2 Agosto, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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