Confapi: in Friuli è ancora
a rischio un'impresa su tre

Sabato 21 Dicembre 2013 di Riccardo De Toma
Confapi: in Friuli è ancora a rischio un'impresa su tre
UDINE - Un’impresa su tre a rischio, perché messa alle corde dalla crisi. A dirlo è Massimo Paniccia, presidente regionale dell’Api, l’associazione che riunisce le piccole e medie imprese del Friuli Venezia Giulia. Unica via d’uscita per invertire la tendenza, secondo Paniccia, una spinta alle aggregazioni, capace di rafforzare la presenza del nostro manifatturiero sui mercati esteri, «dal momento che in Italia – dichiara il presidente dell’Api – una significativa ripresa dei consumi non è prevedibile nemmeno in un’ottica di breve periodo».

Dietro all’allarme c’è l’indagine congiunturale dell’Api sul primo semestre 2013, condotta su un campione di oltre 150 aziende della meccanica, delle costruzioni e dei trasporti. «Se dal confronto tra la prima metà dell’anno e il secondo semestre emerge un miglioramento delle aspettative – commenta Paniccia –, questo sembra dovuto più alla sensazione di aver toccato il fondo che da una reale aspettativa di ripresa».

Più che un segnale di fiducia una sorta di ottimismo della disperazione, in una situazione che resta critica per una robusta minoranza di imprese: il 27% del campione, infatti, fa ricorso ad ammortizzatori sociali o ad altri strumenti anticrisi, che si tratti di cassa integrazione ordinaria (11%), straordinaria (4%), cassa in deroga (3%) o contratti di solidarietà (3%), oltre a un 4% che ha attivato procedure di riduzione collettiva dell’organico.

Altro dato preoccupante, per Paniccia, quello relativo alla propensione ad investire, dal momento che in tutti i settori monitorati, e nonostante il miglioramento di aspettative registrato tra il primo e il secondo semestre, solo una piccola minoranza di imprese prevede di aumentare gli investimenti: «Il che suona un po’ come un’abdicazione al proprio ruolo di imprenditori», conclude Paniccia.

La Cisl. Ad amplificare il grido d’allarme i conti della Cisl sulla situazione del mercato del lavoro. Aggiungendo ai 40mila disoccupati e ai 18mila lavoratori attualmente in mobilità i 15mila che secondo la Cisl sono attualmente interessati dagli ammortizzatori sociali, le persone direttamente colpite dalla crisi sono oltre 70mila. È anche il frutto di un calo dell’export che per la Cisl ha toccato i 3,2 miliardi rispetto ai livelli pre-crisi, colpendo in particolare Udine e Pordenone (in realtà la flessione dal 2008 è di circa 2 miliardi). Da qui la richiesta, lanciata da Roberto Muradore, segretario della Cisl friulana, di un assessorato esclusivamente dedicato alle politiche industriali, di un osservatorio regionale sulle imprese e di una «seria revisione» delle partecipate regionali.



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