Freccetta infilzata alla tempia di un 21enne: «Una vendetta, ma ho sbagliato»

"Covavo tanta rabbia, undici anni fa sono stato vittima di molestie da parte di questa persona"

Mercoledì 12 Luglio 2023 di Valeria Lipparini
L'aggressione avvenuta in piazza Marconi a Montebelluna

MONTEBELLUNA - Vittima di una molestia quando aveva solo 6 anni. E poi, per 11 lunghi anni, ha covato dentro una rabbia che gli ha avvelenato la vita. E, alla fine, è scoppiato. Il 30 giugno dello scorso anno, in piazza Marconi a Montebelluna, si è avvicinato al 21enne, suo presunto molestatore, e gli ha conficcato una freccetta da competizione alla tempia.

LA VERITA’ SCOMODA

La scioccante verità è venuta alla luce nel corso dell’interrogatorio, davanti al pubblico ministero Giulia Dal Pos, del Tribunale dei minori, a cui il ragazzo si è sottoposto ieri. All’epoca dei fatti minorenne (ora è appena diventato maggiorenne), difeso dall’avvocato Luigi Torrisi, ha raccontato la la sua versione dei fatti, di cui gli investigatori della Procura minorile di Venezia erano già al corrente. «Mi sono reso conto di aver sbagliato e che il mio gesto non ha risolto nulla.

Ma ho vissuto come un’ingiustizia il fatto di non aver ricevuto nessuna forma di giustizia» ha detto davanti al pubblico ministero.

IL LITIGIO

In prima battuta quel litigio tra ragazzetti, sfociato nel sangue, era sembrato una reazione esagerata a una richiesta negata di una sigaretta. Invece, le ragioni erano diverse. Quel 30 giugno dello scorso anno, alle 18, il 17enne, accusato di lesioni aggravate dall’uso di un’arma (la freccetta, appunto) si era avvicinato al 21enne con il volto coperto da un foulard, gli aveva sferrato un pugno in testa e aveva tirato fuori dalla tasca la freccetta per colpirlo alla testa. Tempia sfiorata e tragedia evitata. Per un soffio. Ieri, davanti alla Procura minorile, è venuto alla luce la motivazione segreta di tanta rabbia.

L’INTERROGATORIO

In sostanza, nel corso dell’interrogatorio, il ragazzo è tornato a quell’esperienza drammatica, che lo ha segnato irrimediabilmente. Ed è andato con la memoria al 17 ottobre del 2011 quando la madre lo aveva accompagnato nel campetto dell’oratorio montebellunese per giocare una partita a basket con gli amichetti. Poi lo avrebbe perso di vista. E lo aveva ritrovato dietro a una siepe, che piangeva, con la biancheria intima abbassata. Vicino a lui il bambino di 10 anni. Non ci era voluto molto, alla mamma, per capire che qualcosa non andava. Aveva portato il figlio in pronto soccorso e il giorno dopo aveva presentato denuncia, accludendo il referto medico che parlava di 4 giorni di prognosi per presunte molestie a sfondo sessuale. Il tempo passa, il bambino accumula rabbia e ha difficoltà a superare il trauma. Se la prende con le persone che lo circondano. Comincia ad avere anche qualche problemino a scuola. Tanto che la madre lo fa seguire da uno psicologo a pagamento, perchè nel servizio pubblico la lista di attesa è troppo lunga. La spesa, però, è troppo onerosa per le condizioni economiche familiari. I colloqui con lo psicologo si interrompono. E si arriva all’aggressione dello scorso anno. Il nome dell’arciere resta avvolto nel mistero per alcuni giorni. Finchè lui stesso, convinto dalla madre, non si presenta alla caserma dei carabinieri e ammette: «Sono stato io. È mia la colpa di quell’aggressione».

IL LEGALE

L’avvocato Torrisi, che lo assiste, è in attesa delle disposizioni della Procura dei minori, che sta ultimando le indagini. Intanto, però, commenta: «Non si può giustificare un gesto violento, né che ci si faccia giustizia da sé però, ad oggi, non ci è dato sapere cosa è stato fatto in questi 12 anni dalle Istituzioni competenti e di certo andremo a fondo perché è inconcepibile pensare che nessuno abbia fatto nulla per la vittima dopo una querela per abuso sessuale». Adesso il ragazzo, che è appena diventato maggiorenne, dice: «Ho sbagliato». Ma la ferita, aperta 11 anni fa, brucia ancora come il primo giorno. 

Ultimo aggiornamento: 17:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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