«Botte e minacce con la pistola per fare sesso»: 70enne assolto

Sabato 27 Ottobre 2018 di Denis Barea
La disperazione di una ragazza violentata
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VEDELAGO - «Mi ha costretto ad avere rapporti sessuali minacciandomi con una pistola». Questo aveva raccontato ai carabinieri giunti dopo la telefonata in cui chiedeva aiuto, in fuga da quel marito, di quasi 50 anni più anziano di lei che avrebbe deciso di vincere le resistenze della donna dopo l’ennesima richiesta avere rapporti, minacciandola. «Io non volevo, allora mi ha mostrato l’arma e mi ha detto che voleva fare sesso» aveva riferito la 24enne agli uomini dell’Arma, aggiungendo che lui la picchiava anche.  E scattò la denuncia. A finire nei guai Vittorio Vettoretto, 70 anni, che nei primi anni ‘90 salì agli onori delle cronache giudiziarie per una condanna a 6 anni di reclusione per tentato omicidio nei confronti dell’ex moglie. 

SCALPORE IN TRIBUNALE A fare scalpore non fu tanto la sentenza quanto la modalità con cui l’uomo agì. Il giorno della sentenza per il divorzio dalla precedente consorte si presentò in Tribunale a Treviso con un martello e, fuori dall’aula dopo l’udienza, si scagliò sulla donna colpendola alla testa. 

LA DECISIONE Ma questa volta Vettoretto, difeso dall’avvocato Guido Galletti, è stato assolto. Non da tutti i reati contestati ma dai più gravi. Era finito a processo con l’accusa di violenza sessuale, lesioni, minaccia e detenzione illegale di arma da fuoco. Non colpevole per la violenza, le lesioni e le minacce, condannato invece a 1 anno e 6 mesi per la detenzione illegale di una pistola che si era costruito in maniera artigianale, adattando dei proiettili di piccolo calibro in modo che potessero essere usati. La vicenda risale al 5 maggio 2014 , a Vedelago, dove Vettoretto e la giovane moglie cubana, al tempo dei fatti 24enne, vivevano. Quel giorno la donna chiama i carabinieri e chiede aiuto: «Mio marito mi costringe a fare sesso minacciandomi con una pistola, aiutatemi». Quando arrivano la donna è in strada, davanti al condominio dove c’è il loro appartamento. «Voleva stuprarmi, mi picchia, mi insulta e mi costringe ad avere rapporti con lui anche quando non voglio, obbligandomi a guardare film pornografici». Per la Procura la donna cubana è attendibile e viene chiesto il rinvio a giudizio di Vettoretto. Ma nel corso del processo emergono più punti interrogativi che certezze. A cominciare dalle circostanze della presunta violenza: il racconto della giovane non collima con le risultanze dei tabulati telefonici e soprattutto nell’orario in cui sarebbe accaduta la violenza Vettoretto è dal medico, che conferma l’alibi. Ma è l’intero racconto della donna a presentare lacune, anche in relazione alle presunte violenze. La credibilità della vittima vacilla e alla fine si arriva all’assoluzione piena perché il “fatto non sussiste”.
 
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