«Lui mi perseguita»: fa massacrare l'ex dal nuovo amante

Venerdì 15 Febbraio 2019 di Roberto Ortolan
«Lui mi perseguita»: fa massacrare l'ex dal nuovo amante
MONTEBELLUNA - Tendono un agguato al presunto stalker di una donna e lo riducono in fin di vita, portandogli via il portafoglio e il cellulare. Solo quando i carabinieri di Montebelluna, coordinati dal luogotenente Marco Margarita e dal colonnello Sabatino Piscitello, hanno bussato alle loro porte si sono resi conto d'essere stati blanditi proprio da lei. Ma ormai era troppo tardi. Perché tutte le prove li inchiodavano alle accuse di rapina e lesioni. Tre imputati, tra i quali la stessa "Circe", sono stati processati a Treviso, mentre il quarto, sottoposto a custodia cautelare, sarà giudicato dal tribunale dei minori. Ottenuta l'attenuante del risarcimento, i tre hanno chiesto e ottenuto di patteggiare con il pm Barbara Sabbatini 2 anni di reclusione ciascuno e multe variabili tra i 600 e i 900 euro. «L'ex titolare mi perseguita e mi manda le sue foto nudo», diceva la 30enne al nuovo spasimante, un commesso coetaneo di un supermercato di Montebelluna, particolarmente sensibile perché una parente era stata vittima di stalking. In verità, come hanno ricostruito i carabinieri recuperando i messaggi cancellati dai cellulari, era  la donna che inviava foto senza veli all'uomo che gestisce il bar a Marostica nel quale lei aveva lavorato. Alle foto provocanti il barista rispondeva con la stessa moneta. E questo ha mandato su tutte le furie il commesso che ha perciò deciso di dargli una lezione. Convince così 2 amici, uno dei quali minorenne, a mettere fine ai messaggi del presunto stalker. E, attraverso il cellulare della donna, dà appuntamento alle 23.30 al 40enne commerciante di Marostica in un parcheggio buio di Montebelluna. L'uomo non ha sospetti e si presenta ignaro all'appuntamento.
SENZA PIETÀE' l'8 febbraio 2017: il barista appena scende dall'auto viene aggredito, pestato a sangue con un tirapugni, inseguito, nuovamente pestato e ridotto in fin di vita da quattro persone, con passamontagna in testa. E l'agguato sarebbe finito in tragedia se uno degli assalitori, ravvedutosi per un istante, non avesse deciso di fermare i complici. Il 40enne è a terra dolorante, con trauma cranico e fratture costali, quando gli strappano il cellulare (per far sparire le foto) e il portafoglio con 230 euro. Poi la fuga. L'uomo finisce in ospedale e viene giudicato guaribile in almeno 50 giorni (poi saranno di più). Appena riesce a parlare, anche se non ha riconosciuto gli aggressori, racconta ai carabinieri perché era venuto a Montebelluna. Immediatamente scattano le perquisizioni. Tre negano e cercano di depistare gli investigatori, ma il quarto, pentito, collabora. A casa del minorenne, che si vanta d'aver ridotto in fin di vita il 40enne, spuntano i tirapugni. Ma è il sequestro dei cellulari che permette ai carabinieri di ricostruire i contorni della storia da film giallo. La procura dei minori dispone una misura restrittiva per il 17enne, mentre quella di Treviso tergiversa. I cellulari restituiscono le immagini cancellate e tutto diventa chiaro a partire dal ruolo della ragazza. «É lei -per gli inquirenti- la mente dell'agguato». Le prove sono schiaccianti e così gli avvocati De Luchi, Piazza e Sartore convincono i clienti a patteggiare la pena.
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