Il ministro veneto Stefani: se non ottengo l'autonomia mi dimetto

Domenica 27 Gennaio 2019 di Angela Pederiva
Il ministro Erika Stefani e Luca Zaia
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Chi rischia di più se non arriva l'autonomia, Luca Zaia o Erika Stefani? «Beh, il ministro è morto...»: parole metaforiche (e risata scaramantica) della stessa titolare degli Affari Regionali, venerdì sera su Tva. Domani il governatore sarà a Roma per fare il punto sulla trattativa, ma ieri mattina i due leghisti si sono già incontrati all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Venezia e a margine della cerimonia la vicentina ha espresso ottimismo: «Siamo alle battute finali sulla redazione e la definizione della bozza di intesa». Non fosse così, ha più volte ribadito la Lega in relazione al Movimento 5 Stelle, il Governo cadrebbe: l'autonomia è nel contratto. «Io sono lì con questo mandato ha sottolineato Stefani a Volti e storie è il mio obiettivo, è l'obiettivo che è stato dato al  ministero. Non per niente è stato scelto un veneto: mettere un veneto della Lega nel ministero degli Affari Regionali con il tema dell'autonomia differenziata vuol dire dare un messaggio chiaro. Se mai dovessi trovarmi nella posizione in cui o non si trovasse la quadra definitiva, o ci fossero delle resistenze di tipo politico, io sicuramente prenderò una posizione molto forte. E la Lega lo stesso, con i nostri presidenti di Regione».

Le ha chiesto il direttore Domenico Basso: significa che potrebbe dimettersi da ministro? Stefani ha fatto segno di sì con la testa e ha poi aggiunto: «Di certo una situazione del genere va trattata anche duramente. Duramente ha ripetuto perché noi dobbiamo dare una risposta che non è solo di bandiera. Il presidente Zaia ha un ottimo consenso, ma le percentuali che hanno votato al referendum annoveravano persone che erano di varie estrazioni e colori politici». Di qui l'amara conclusione, stemperata nell'autoironia: «Se non passa l'autonomia, io sono morta... Chiederò asilo politico da qualche altra parte: chi torna in Veneto se non fa l'autonomia?».
LA SCADENZAA venti giorni dalla scadenza del 15 febbraio, indicata dal premier Giuseppe Conte per la chiusura della bozza in Consiglio dei ministri e l'avvio degli ultimi negoziati con le Regioni, evidentemente Stefani sente tutto il peso della responsabilità incombente. «Vi è stato un grande dialogo con tutti ministri, M5s compresi ha ribadito il ministro in laguna e sono state superate a mio avviso alcune perplessità che erano state avanzate. Spero ed auspico che queste siano le ultime due settimane di lavoro e che siano determinanti». Fiducioso si è detto da Milano anche il vicepremier Matteo Salvini: «Avevamo detto che a metà febbraio ci sarebbe stata la proposta del Governo, siamo a metà gennaio, quindi conto che a metà febbraio ci sia. Lunedì incontro a Roma il governatore Fontana e il governatore Zaia e facciamo il punto». Il pentastellato Stefano Buffagn, sottosegretario sempre agli Affari Regionali, proprio ieri ha confermato che l'intesa ha la precedenza nell'agenda dell'esecutivo, ma ha specificato che non è la sola: «La faremo. Ma credo che come sia prioritaria l'autonomia sia prioritario il conflitto di interessi, che è un tema del contratto di Governo e una priorità per il Paese».
LE MATERIEFra gli alleati continuano dunque gli avvertimenti incrociati, un botta e risposta che si inserisce nel dibattito sul perimetro delle competenze: quante e quali? «Il Veneto ha evidenziato Stefani ha alle spalle e alle basi un fortissimo referendum. Ho caldeggiato che sia un'autonomia vera e per il Veneto le 23 materie ci sono tutte». Ma come ha riconosciuto lo stesso ministro, «non è un problema di numero delle materie», bensì di capire «all'interno delle materie come si può operare».
 

Ultimo aggiornamento: 11:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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