Cento giorni senza Luca e Edith. «Sono vivi, ma bisogna aspettare»

Lunedì 25 Marzo 2019 di Gabriele Pipia
Cento giorni senza Luca e Edith. «Sono vivi, ma bisogna aspettare»
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PADOVA - Novemila chilometri di viaggio, cento giorni di angoscia e un inquietante interrogativo: sono ancora vivi l'architetto padovano Luca Tacchetto e la sua compagna di viaggio canadese Edith Blais, scomparsi il 15 dicembre in Burkina Faso? «Secondo me i due ragazzi sono ancora vivi, ostaggio di qualcuno per motivi economici» sospira padre Eliseo Tacchella, veronese, missionario comboniano grande conoscitore dell'Africa nera.


A lui si era rivolto tre mesi fa un amico della famiglia Tacchetto chiedendogli di trovare contatti utili in quel Paese poverissimo incastonato tra il deserto del Sahara e il Golfo di Guinea. «Non penso che possano essere morti - ragiona il missionario - perché in quel caso i loro corpi sarebbero stati trovati e lo sapremmo. Bisogna tenere alta la speranza. Serve ancora fiducia». 
 
 

Sono passati esattamente cento giorni dall'ultimo contatto tra il figlio dell'ex sindaco di Vigonza e la propria famiglia padovana: un messaggio inviato su WhatsApp alle 23.57 mentre passava la serata in un locale di Bobo-Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, assieme a Edith e ad una coppia franco-burkinabé conosciuta sul posto. In un  caso come questo cento giorni rappresentano un'eternità, ma per padre Eliseo non si tratta di un periodo eccessivamente lungo. «In Africa non c'è la fretta che abbiamo noi. Parliamo di stili di vita e culture completamente diverse - ricorda -. So che è dura, ma bisogna portare pazienza e mantenere la fiducia». 
Il comboniano aveva messo in contatto la famiglia Tacchetto con un tour operator lombardo profondo conoscitore del Burkina Faso. «Credo avesse dato informazioni utili - racconta padre Eliseo - anche se da fuori la situazione appare ancora misteriosa. In ogni caso non c'è dubbio che quelle siano zone rosse, piene di bande pericolose. Il contesto è complicato anche per la presenza di gruppi di musulmani radicali. Serve grande attenzione».
I DOCUMENTILuca ed Edith, 30 e 34 anni, erano partiti il 20 novembre da Vigonza, piccolo paese padovano al confine con la provincia veneziana. L'architetto aveva guidato la propria Reanult Megane attraversando Francia, Spagna, Marocco, Mauritania, Mali e Burkina. Era diretto in Togo, dove lui ed Edith avrebbero dovuto lavorare come volontari in un progetto di ecosostenibilità. Aveva pure pensato di vendere la macchina in Africa e rientrare a casa in aereo. Poi cos'è successo? Mistero.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo con l'ipotesi del sequestro di persona e in questi mesi ha preso corpo la pista di un rapimento di matrice jihadista. La relazione annuale dei Servizi Segreti italiani conferma l'impegno dei nostri 007 per risolvere il caso, ma parla genericamente di sparizione. Nel documento presentato il 28 febbraio al Parlamento, infatti, non ci sono conferme alla tesi del sequestro, ufficializzata invece nei casi del missionario Pierluigi Maccalli (Niger, 17 settembre) e della la cooperante Silvia Romano (Kenya, 20 novembre).
IL MESSAGGIOIl caso di Luca ed Edith è diventato pubblico all'inizio di gennaio, rimbalzando immediatamente tra Burkina, Italia e Canada. Dopo un primo periodo caratterizzato da fiaccolate, messe, striscioni e appelli pubblici, a Vigonza è calato il silenzio. «Lasciamo lavorare in pace la Farnesina» è l'invito rivolto a tutti da casa Tacchetto. Vive lo stesso incubo la famiglia canadese di Edith, colpita martedì scorso anche da un incendio che ha distrutto l'abitazione della mamma, nella regione canadese del Quebec. «Edith, nonostante tutto quello che succede nella mia vita tu rimani la mia priorità - è lo struggente messaggio inviato virtualmente dalla signora Jocelyne alla propria figlia -. Ti sto aspettando, voglio sentire che nonostante tutte le nostre disgrazie tu stia bene e sopravviva ai demoni della vita. Ti amo, torna presto per favore. Ho tanto bisogno di te». 
Gabriele Pipia

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