La seconda giovinezza del chirurgo: a 78 anni con le mani di un robot

Domenica 9 Settembre 2018 di Nicoletta Cozza
Il prof Ermanno Ancona
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PADOVA - Opera a metri di distanza dal paziente. A volte addirittura mentre si trova in un'altra stanza, diversa dalla sala operatoria. E alla fine degli interventi i malati hanno una certezza: pochi traumi, decorso rapido e ripresa pressoché immediata. Il robot, infatti, si è impossessato a pieno titolo del bisturi. Ma al Policlinico di Abano a guidare il braccio meccanico che riesce a insinuarsi negli angoli più difficili da raggiungere dell'esofago è la mano del professor Ermanno Ancona, che a 78 anni e mezzo, in pensione da 6, e con alle spalle una carriera di grandissimo prestigio, oggi con la massima disinvoltura e a dispetto dell'anagrafe, è diventato un punto di riferimento appunto della chirurgia robotica.
Classe 1940, ha conseguito nel '64 la laurea all'ateneo di Padova con il massimo dei voti e la lode. Sempre qui si è specializzato in Chirurgia Generale, Chirurgia Toracica, Anestesia e rianimazione e Urologia. Oggi è responsabile della Chirurgia esofagea della struttura sanitaria aponense. 

Professore, alla sua età i colleghi sono in pensione. Lei invece si cimenta con le tecnologie più spinte...
«Devo dire che operare con il robot era una delle cose che dovevo fare. Da anni ci pensavo, perché le innovazioni vanno sempre prese in considerazione e valutate».
Cioè?
«Uno può essere tradizionalista, o innovatore, nell'animo, e io penso di appartenere a quest'ultima categoria. Sono cresciuto con il professor Peracchia che quand'ero un giovane medico mi ha trasmesso la passione per le novità. E alla fine, con il passar del tempo, queste restano, come un imprinting». 
Quando ha iniziato a lavorare utilizzando il robot?
«L'occasione mi si è presentata con l'arrivo nell'equipe chirurgica di Abano del professor Cristiano Huscher, un pioniere della materia, proprio in un momento in cui in tutta Italia la chirurgia robotica ha ancora un carattere un po' particolare, come peraltro al debutto lo aveva pure quella laparoscopica. Ho subito intuito che questa fosse una novità da valutare, non dico per essere utilizzata in ogni intervento, ma per quelle situazioni in cui, come ad esempio nelle operazioni alla prostata al basso retto e all'esofago, si hanno zone del corpo non facilmente raggiungibili con gli strumenti tradizionali. Il robot riesce a fare movimenti impensabili per le nostre mani e che danno risultati eccezionali. Ho messo a punto la tecnica. Due interventi li ho già fatti e altri sono in lista d'attesa: già giovedì ne farò un altro».
Che effetto le ha fatto la prima volta che ha operato senza usare il bisturi, ma impartendo ordini al robot?
«È stata un'esperienza affascinante e impegnativa, ma quando hai un buon tutor le cose sono più semplici. Sono molto contento di poter usare questa tecnica. Ricordo che anni addietro c'era stato un congresso proprio sulla chirurgia robotica e avevo promesso a me stesso che prima di chiudere la carriera, avrei voluto cimentarmici anch'io. Opero dal 1966 e in cinquant'anni posso dire di essere passato dal bisturi al robot».
E ci è arrivato a 78 anni e mezzo...
«Sì, ma non me li sento. Resto 7-8 ore di fila in sala operatoria con lo stesso spirito di quando ero giovane. E mi diverto, come allora. Nella mia carriera ho visto l'avvento di tante innovazioni, tra cui la microchichirurgia all'esofagorurgia per l'autotrapianto di anse intestinali al collo, oppure la sostituzione dell'esofago cervicale. Importante è avere un leader che ti dà la possibilità di provare, com'è stato appunto il mio maestro Peracchia»
Quali sono i vantaggi che dà l'utilizzo del robot?
«La visione tridimensionale sul monitor è esattissima, mentre per esempio con la laparoscopia è meno precisa perchè comporta un'elaborazione da parte del cervello. E anche se il paziente è lontano, sei comunque tu che stai lavorando, sono le tue dita che governano tutto. Vicino al malato ci sono gli operatori che mettono gli strumenti giusti nelle mani robotiche».
E i limiti?
«Un po' di diffidenza nei confronti del nuovo, che si supererà perché l'umanità va avanti. E poi i costi. Ma dobbiamo ricordarci che anni fa anche le prime tac erano strumenti diagnostici che costavano tanto. Con il passare del tempo, però, i prezzi si abbattono. E a breve sarà così anche per il robot».
 
Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 11:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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