«Io, dopata del bridge dopo 8 mesi e 8mila euro spesi torno a giocare»

Venerdì 4 Gennaio 2019 di Gabriele Pipia
Anna Licursi
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PADOVA - «Le amiche mi prendono in giro: quando mi siedo a tavola con loro, mi dicono che non vogliono stare vicino ad una signora dopata». La dottoressa Licursi tiene in mano le sue amate carte, sfoglia il calendario dei prossimi impegni e intanto ci scherza su. «La squalifica è finita, finalmente si torna a giocare. Ho perso otto mesi e mi è costata ottomila euro, ma una situazione così assurda va affrontata con il sorriso». Anna Licursi, 55 anni, nata a Campobasso ma padovana fin dai tempi dell’università, è da quindici anni in servizio al reparto di Pediatria dell’ospedale di Mirano (Venezia). Nel tempo libero si diverte dando sfogo alla sua grande passione: quella per il bridge, il celebre gioco di carte nato nell’Inghilterra dell’Ottocento. Alla passione viscerale si affianca anche un  grande talento che l’ha portata a diventare per due volte campionessa italiana, sia nella categoria “coppia” che da giocatrice singola. La sua carriera parallela, però, si è fermata bruscamente otto mesi fa nel modo più incredibile e inaspettato. Una squalifica per doping

IL CONTROLLO 
«Ciò che mi è successo è davvero paradossale - ricorda ora la pediatra, sorridendo -. Dopo un torneo giocato a Salsomaggiore Terme sono stata selezionata per un controllo a sorpresa della Nado, l’agenzia italiana che si occupa del doping nello sport. Non l’avrei mai immaginato, ma sono risultata positiva al Clortalidone, un farmaco vietato perché considerato un diuretico in grado di coprire l’assunzione di sostanze dopanti». Lo stesso farmaco è utilizzato anche per curare l’ipertensione, ed è stata proprio questa la spiegazione data dalla dottoressa agli ispettori dell’antidoping: «L’ho assunto per abbassare la pressione e per curare alcuni problemi fisici, mai avrei pensato che potesse essere vietato». 

IL REGOLAMENTO
Niente da fare, però. Il bridge è una disciplina sportiva, riconosciuta ufficialmente dal Coni, e quindi le rigide regole antidoping devono essere rispettate senza alcuna eccezione. Va evidenziato, tra l’altro, che il numero di “dopati” è in grande crescita e la percentuale è più alta di ogni altra disciplina sportiva. Un test internazionale del 2016 dimostrò che i giocatori positivi erano addirittura il 22%. La maggior parte dei farmaci scovati erano diuretici, proprio perché molti ignorano che sono vietati. 

In primo grado la pediatra padovana aveva ricevuto solo una “nota di biasimo”, la Procura ha presentato però ricorso in appello e la nuova sentenza del Tribunale Antidoping è arrivata come una doccia gelata: divieto assoluto di partecipare a tornei ufficiale fino al 2 gennaio 2019. «Avevo sbagliato a non dichiarare l’assunzione di quel farmaco, certo, lo riconosco. All’inizio mi ero molto arrabbiata, poi ho iniziato a prenderla con ironia».
La sospensione è terminata mercoledì: Anna non vedeva l’ora di tornare al tavolo, ma era impegnata con il turno in ospedale. È tornata a giocare ieri sera al circolo del Padova Bridge, uno dei club più titolati d’Italia, in una cornice favolosa: Villa Giusti, dove le autorità militari italiane e austriache firmarono l’armistizio che pose fine alla Prima Guerra Mondiale. Dal conflitto bellico ad un semplice gioco: il nuovo esordio della pediatra-campionessa è coinciso con un torneo interno, in attesa di tornare protagonista al campionato societario in programma il 12 gennaio proprio a Padova. «In questi mesi mi sono allenata in internet, su alcuni siti specializzati dove puoi trovare avversari da tutto il mondo - racconta, con gli occhi illuminati dalla passione -. Ma sedersi al tavolo è tutt’altra sensazione». 

LA SPESA
Tra avvocato e spese processuali la dottoressa ha speso ottomila euro. «Fino a lì sono arrivata, poi mi sono fermata - racconta -. Avrei dovuto fare ricorso al Tas di Losanna e spendere altri quindicimila euro, ma non era proprio il caso. Per me il bridge è sempre stato solamente un gioco. Qui contano concentrazione e talento. Ecco perché è uno sport della mente. Il dispendio di energie è davvero notevole». 
Ma, da dottoressa, pensa che il bridge possa portare qualche giocatore incallito nel tunnel della ludopatia? «No, anzi -risponde la pediatra -. La passione per il gioco del bridge in qualche caso ha deviato la compulsione dal gioco d’azzardo. Perché questa disciplina favorisce le relazioni e lo spirito di squadra, e perché lascia spazio all’abilita del giocatore con il conseguente controllo delle proprie azioni». Da controllare, però, ora ci sono anche i farmaci: «Ho sostituito quello che usavo con altri due farmaci non proibiti - assicura lei -. Ora sono agguerrita: per me il bridge è un gioco, ma voglio tornare a vincere». Un occhio a picche, quadri e fiori, un altro alla lista dei farmaci consentiti. 

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Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 15:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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