La casa va all'asta, c'è l'ombra dell'usura: la banca avrebbe approfittato

Lunedì 18 Marzo 2019 di Olivia Bonetti
La casa va all'asta, c'è l'ombra dell'usura: la banca avrebbe approfittato
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COMELICO - La banca avrebbe approfittato della difficoltà economica e mancanza di liquidità della famiglia inducendoli a accettare condizioni al di fuori del mercato. È con questa motivazione che il gip Enrica Marson, nei giorni scorsi, ha riaperto le indagini nell’inchiesta per usura a carico dei vertici della Banca popolare dell’Alto Adige, filiale del Comelico. Proprio a quello sportello si era rivolto il lavoratore in difficoltà, dopo che le finanze famigliari avevano subìto un duro colpo dall’apertura dell’attività autonoma della moglie. Alla fine hanno perso anche la casa, messa all’asta dalla banca e venduta a meno di metà del suo valore lo scorso settembre a soli 47mila euro (era stimata 112mila). E di quelle difficoltà la banca era ben conscia, tanto che scriveva nero su bianco «sono alla frutta». Di questo si sarebbe approfittata proponendo condizioni “fuori mercato”.
 
LA STORIA
Una vicenda di quelle che, chi ha un congiunto o conoscente con negozio, conosce bene. La banca che chiede di rientrare degli affidamenti, la crisi, la mancanza di entrate e liquidità e alla fine la proposta di un mutuo su immobili. In quel momento accetteresti qualsiasi tasso, qualsiasi proposta, firmeresti qualsiasi atto, pur di avere un po’ di liquidità. Ed è così che i coniugi del Comelico (non indichiamo la località precisa o il tipo di attività della moglie per non renderli riconoscibili, come è stato chiesto dai protagonisti ndr) nel giugno del 2003, avendo uno scoperto con la banca di 100mila euro, accettarono un mutuo ipotecario sulla casa in cui abitavano per totali 107mila euro. Avrebbero dovuto pagarlo in rate mensili da 830 euro per 20 anni. Loro, che avevano entrate totali di 1500 euro circa. Un’impresa impossibile. 
L’USURA
Doveva ben saperlo la banca. E per questo scatterebbe il reato di usura, perché dice il giudice secondo un «consolidato insegnamento giurisprudenziale anche recente» va valutata la “situazione di difficoltà” del soggetto che chiede liquidità. E va fatto in maniera oggettiva. L’usura c’è anche con «condotte di sfruttamento delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima, attraverso l’induzione della stessa all’accettazione di condizioni contrattuali sproporzionate rispetto a quelle che caratterizzano il libero mercato». Per questo, anche se i tassi erano appena qualche punto sotto quelli considerati usurari (il tasso applicato era di 7,149, quello soglia per l’usura è di 7,185) il gip ha ordinato al pm di indagare sul caso, in cui si ravviserebbe la cosiddetta “usura in concreto”. Ha ordinato l’identificazione e iscrizione nel registro degli indagati del presidente del consiglio di amministrazione della Banca popolare dell’Alto Adige, in carica al tempo della stipula del contratto e di coloro che avessero autonomia sulla determinazione dei tassi da applicare. 

LA BATTAGLIA
Si riapre così l’inchiesta sul caso della coppia comeliana, che denunciò la banca. Il pm, al termine delle indagini, chiese l’archiviazione, non essendoci un tasso di usura. La Procura indagò sul direttore generale della banca popolare dell’Alto Adige (Schneebacher Johannes) e sul presidente del Consiglio di amministrazione dal novembre 2010 (Michael Otmar). Ma entrambi non avrebbero avuto ruolo nel mutuo ipotecario. Per questo il giudice ha disposto l’archiviazione parziale nei loro confronti, ma ha ordinato di indagare sui veri responsabili. Una prima vittoria per le vittime che hanno perso tutto. Qualche tempo prima che la casa andasse all’asta trovarono il coraggio di raccontare quello che stavano subendo e chiedere aiuto a un avvocato. Per riprendersi l’abitazione era ormai tardi, ma non per avere giustizia. Così tramite l’avvocato Raffaella Mario hanno denunciato l’istituto di credito e poi si sono opposti all’archiviazione, ottenendo la riapertura del caso.

L’ATTEGGIAMENTO
«Non avremmo mai proposto il mutuo se non avessimo in ballo il debito della società». Nello scambio epistolare tra i bancari, prima di concedere l’ipoteca, emerge l’atteggiamento dell’istituto tenuto in questo caso. «Per sistemare questa posizione - scrivono - abbiamo tentato di far intervenire un ulteriore garante e sollecitato la vendita delle quote di fabbricato, ma nessuna di queste strade si è dimostrata percorribile». Come fare quindi per rientrare dei loro soldi? «Un mutuo di 107mila? Troppo alto! Spiegare che sono alla frutta».
Ultimo aggiornamento: 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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